lunedì 31 luglio 2017

ciao Jeanne

« Ogni volta che me la immagino a distanza la vedo che legge non un giornale ma un libro, perché Jeanne Moreau non fa pensare al flirt ma all'amore. »

(François Truffaut)



sabato 29 luglio 2017

il faraone ribelle cancellato dalla storia


Alcune visioni tornano sempre, ti tormentano per giorni, settimane e mesi.
La scultura che Michelangelo ha dedicato a Mosè, presente all’interno della chiesa di San Pietro in Vincoli di Roma, appartiene a quella rarissima schiera d’enigmi e visioni che non abbandonano mai il nostro essere. 
Le corna si rifacevano al semplice errore di traduzione?
Potevano commettere errori simili?
San Gerolamo tradusse il testo ebraico della Bibbia nella vulgata. Tale versione rimase ufficiale per molti secoli. La frase che Gerolamo tradusse dal libro dell’esodo, ignorabat quod cornuta esset facies sua in altre parole ignorava che la sua faccia fosse cornuta, sembra essere la base, fonte d’ispirazione, per molti artisti.
Ritorno a Roma, almeno con il pensiero.
La statua trova fondamento nell’episodio biblico dell’esodo. A Mosè fu affidata la missione di condurre il popolo eletto fuori dei confini dell’Egitto, luogo nel quale vivevano in schiavitù, per guidarli verso la terra promessa dove Mosè avrebbe fondato una nazione basata sul monoteismo. Mosè ed il suo popolo iniziarono un lungo viaggio dall’Egitto verso ovest, in direzione dell’attuale Israele. Attraversarono il deserto del Sinai per accamparsi alle pendici del Monte dove al prescelto apparve Dio. Mosè ridiscese il Monte con in mano le tavole della Legge, fondamento della morale Giudaico – Cristiana.
Questo passaggio biblico è da tutti conosciuto, le interpretazioni si sprecano per il passaggio successivo: quando il prescelto si avvicina all’accampamento si rende conto che i suoi uomini sono ritornati al culto politeista e, preso dalla rabbia, lancia violentemente le Tavole della Legge, rompendole al suolo.
Supposizioni ed idee si alternano nella mente.


All’improvviso un vivido ricordo di nome Amenofi IV, che chiamò se stesso Ekhnaton.
Al nome di Mosè è legata l’idea del monoteismo tuttavia non fu il primo ad affermare la rivoluzione monoteistica, bensì il faraone Ekhnaton, che regnò in Egitto nel XIV secolo.
Incredibile concatenazione d’ipotesi ed idee.
Di Mosè non sappiamo se sia realmente vissuto, ma la memoria del suo nome ha accompagnato per secoli la civiltà giudeo–cristiana. Di Ekhnaton sappiamo con esattezza quando e come è vissuto, ma subito dopo la morte gli oppositori ne condannarono la memoria con ferocia tale che solo recentemente gli egittologi sono riusciti a ricostruire le sue gesta.
Uomo della memoria. Uomo della storia.
Devo approfondire gli eventuali legami, ove essi esistono.
Amenofi IV fu faraone egiziano della XVIII dinastia (tra il 1370 ed il 1340 circa prima dell’avvento di Cristo). Dai primi anni del regno cercò di contrastare lo strapotere dei sacerdoti del dio Amon introducendo il culto dell’antico dio Aton. Nel sesto anno del regno il faraone modificò il proprio nome in Ekhnaton – colui che è utile ad Aton – ed abbandonò la città di Tebe, fondando la nuova capitale Akhetaton – l’orizzonte di Aton – o El Amana. Nel nuovo regno abolì il politeismo ordinando che fosse adorato il solo dio Aton.


Il suo regno finì in modo oscuro.
Poco dopo la sua morte, si presume nel 1338 avanti la venuta di Cristo, il suo nome fu cancellato dagli elenchi dei Re, furono abbattuti i suoi monumenti, distrutte le sue raffigurazioni e le sue epigrafi.
Fu eliminata qualsiasi traccia del suo passaggio nel mondo.
Per millenni si perse il ricordo di Amenofi IV o Ekhnaton.
Fu riscoperto nel XIX secolo.
Mosè rappresenta il caso opposto.
Non si sono mai trovare tracce della sua esistenza terrena. Egli crebbe e si realizzò come figura del ricordo, accogliendo in se tutte le tradizioni che riguardavano la legislazione ed il monoteismo.
Nel momento della riscoperta di Ekhnaton apparve chiaro che, il faraone, aveva fatto qualcosa di simile a quanto il ricordo aveva attribuito a Mosè: aveva demolito le immagini del politeismo egizio ed aveva istituito il culto monoteistico del nuovo dio Aton.
Freud percorse un cammino di conoscenza dell’uomo Mosè: ne fece un seguace della religione monoteistica del Dio Aton, senza mai identificarlo con Ekhnaton.
L’equiparazione diretta del faraone senza ricordo e del Mosè senza storia fu spesso proposta. [1]
In questa ricerca possiamo affermare che era Ekhnaton il Mosè egizio?
“Solo la fantascienza può tranquillamente rispondere in modo affermativo a simili domande”.[2]
E’ possibile trovare un fondamento storico alla relazione tra monoteismo egizio e Mosè?
La rivoluzione di Ekhnaton fu non soltanto il primo, ma anche il più radicale manifestarsi di una contro-religione nella storia dell’umanità. I templi furono chiusi e le immagini sacre bruciate. La caduta degli Dei deve essere stato uno shock per una società convinta che il benessere del paese dipendesse dallo svolgimento dei riti nei luoghi sacri del paese.
La storia ci ricorda che Ekhnaton, conosciuto come il faraone ribelle, fondò una nuova capitale a sud del Cairo. La città prese il nome d’Amarna. I seguaci del faraone sono un’esigua minoranza del popolo, che resta fedele al culto politeista.
Chi seguì Ekhnaton? Pochi egizi, alcune razze africane e la quasi totalità degli Hyksos, discendenti di tribù semite che alcuni secoli prima avevano invaso l’Egitto dominandolo per due dinastie. Lo storico Giuseppe Flavio vide in questi dominatori stranieri gli antenati d’Israele. [3]
Diciassette anni di governo e poi Ekhnaton scomparve nel nulla.
Il politeismo egizio si accanisce verso di lui con quella che si potrebbe chiamare damnatio memoriae: tutti i simboli del suo passaggio sulla terra scompaiono, distrutti dalla restaurazione degli antichi culti.
L’uomo della memoria ed il faraone della storia.


Un tassello ulteriore nella ricostruzione ci viene da Strabone, geografo e storico greco. Secondo questa ricostruzione un sacerdote egizio, di nome Mosè, decide di abbandonare il paese perché insoddisfatto della religione egizia ed emigra in Giudea con un folto stuolo di simpatizzanti. Mosè rifiuta la tradizione egizia che rappresenta gli dei in forma d’animali. La sua dottrina consiste nel riconoscere che “Dio è quell’essere unico che abbraccia noi tutti e la terra e il mare, che noi chiamiamo cielo e terra e natura delle cose”.[4]
Secondo lo storico greco non vi è sovrapposizione tra Mosè ed il faraone ribelle, ma racconto di un uomo, sacerdote egizio, che decide di portare con se, in una sorta d’Esodo, un gruppo di persone per creare una nuova religione.


Potrebbe esserci un’altra ipotesi a suffragare l’identificazione tra i due personaggi: se un’insurrezione popolare costrinse il faraone ribelle ad abbandonare l’Egitto per stabilirsi in Palestina, non sarebbe rispettata la memoria dell’Esodo?
Esistono documenti che comprovano quest’ipotesi?
Per chiudere con le domande, se la maledizione - Tutankhamon [5]non fosse tale?
Dato che le superstizioni appartengono ad altri e non allo scrivente, nelle prossime settimane parleremo dello scandalo – Tutankhamon.
Chi in Egitto trova Dio risolve il grande enigma.

Fabio Casalini

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/


Bibliografia
Jan Assmann, Mosè l’egizio. Adelphi edizioni, Milano. 2000

Messod e Roger Sabbah. I Segreti dell'Esodo. L'origine Egizia degli Ebrei. Marco Tropea Editore 2005

Philippe Aziz, Mosè et Akhenaton. Les énigmes de l’univers. Laffront, Paris. 1980

Sigmund Freud, L'uomo Mosè e la religione monoteistica. Torino, Bollati Boringhieri, 2002




[1] Philippe Aziz, Mosè et Akhenaton. Les énigmes de l’univers. Laffront, Paris. 1980
[2] Jan Assmann, Mosè l’egizio. Adelphi edizioni, Milano. 2000
[3] Jan Assmann, Mosè l’egizio. Adelphi edizioni, Milano. 2000
[4] Strabone, Geographica, XVI.
[5] Con il termine Maledizione di Tutankhamon viene indicata una presunta maledizione che avrebbe colpito inaspettatamente tutti coloro che parteciparono alla ricerca ed alla scoperta, da parte dell'archeologo Howard Carter, della tomba del faraone come castigo della violazione del luogo di sepoltura del sovrano.

lunedì 24 luglio 2017

antecedenti dell'euro: l'Unione monetaria latina

di Daniele Dal Bosco

Quando Platone propose una nomisma hellenikon, una moneta per gli scambi commerciali tra le polis, si scontrò con gli interessi particolari delle stesse. 

Fu solo con l’emergere di Roma che si svilupparono delle monete utilizzate per gli scambi commerciali tra diverse regioni del mediterraneo, europee e non solo: l’asse di bronzo, il denarius d’argento e, con l’Impero, l’aureus d’oro. Augusto contribuì a riordinare tale sistema monetario, concentrando la produzione di monete d’oro ed in parte d’argento a Lione, e fissando l’aureusa 7,80 grammi ed il rapporto tra oro ed argento a 12,5.

Dopo di lui, nei secoli successivi iniziarono graduali svalutazioni della moneta romana e, esaurite le miniere d’oro spagnole, la bilancia commerciale negativa fece uscire dall’Impero sempre più oro, destinazione Oriente. 

L’inflazione galoppante che ne derivò e le successive incursioni barbariche, che privarono l’Impero di molto metallo prezioso, contribuirono alla decadenza di Roma...


Dopo Roma, un sistema monetario unico, per quanto meno ordinato, lo rivedremo con Carlo Magno, che fu tuttavia costretto a basarlo su monete d’argento, i denari riecheggianti il denarius romano, essendo oramai l’oro molto scarso nell’area europea. Ad esso si aggiunsero, per pagamenti più consistenti, due unità di conto, il soldo (12 denari) e la lira (240 denari): questo triplice sistema monetario durerà sul suolo europeo fino alla rivoluzione francese.

Il denaro d’argento nei secoli si svalutò molto, tuttavia, e dal XIII secolo cominciarono a prendere piede le monete auree delle principali città commerciali italiane: il genoino di Genova, il ducato (o zecchino) di Venezia ed il fiorino di Firenze (nome poi ripreso da varie aree europee per le proprie monete). Queste tre monete italiche, da 24 carati, ispirarono le coniazioni auree di numerose nazioni europee.

Si dovette aspettare il 1795 e la rivoluzione francese, come dicevamo, per rimpiazzare la triade denaro-soldo-lira: in quella data si creò il franco, basato su un sistema monetario bimetallico (oro ed argento). Pur caduto l’Impero napoleonico, il sistema bimetallico francese basato sul rapporto tra oro ed argento a 15,5 venne ripreso, entro la metà dell’Ottocento, da Regno di Sardegna, Belgio e Svizzera: furono proprio questi quattro paesi, con sistemi monetari simili, che dopo numerose fluttuazioni del valore di oro ed argento raggiunsero un accordo e divennero i fondatori di un sistema monetario comune. Su spinta di Napoleone III, con la Convenzione di Parigi del 1865 questi quattro paesi (Francia, Italia, Belgio e Svizzera) diedero vita all’Unione monetaria latina. Si stabilì che le loro monete, pur con effigi diverse, fossero di dimensioni, valore intrinseco e valore nominale uguali.

Prove di monete in oro coniate in occasione del Congresso del 1867Napoleone III a destra (Fonte: wikipedia.org)

Nel 1867, vi fu una riunione a Parigi tra 22 Paesi per sviluppare un sistema monetario comune, ma gli accordi fallirono. Nel 1868, al sistema dei quattro paesi aderì anche la Grecia. Numerosi altri paesi, europei ma anche del centro-sud America, pur non aderendo all’Unione adottarono tuttavia il medesimo standard.

Ispirandosi all’Unione monetaria latina, anche Danimarca, Norvegia e Svezia diedero vita, tra il 1873 ed il 1931, all’Unione monetaria scandinava che, a differenza dell’Unione latina, includeva anche la libera circolazione delle banconote. Le tre banche centrali diedero anche vita, nel 1885, ad un sistema di clearing trimestrale e regolato in oro, aprendosi reciprocamente conti correnti, senza interessi e commissioni.

Rinnovata nel 1885 e nel 1891, l’Unione monetaria latina, divenuta oramai quasi un monometallismo aureo, terminò di fatto con la prima guerra mondiale e legalmente nel 1925.

Forse quello che ci insegna la storia monetaria, europea ma non solo, è che per funzionare e godere della fiducia della collettività, la misura del valore (la primaria funzione della moneta) deve essere rappresentata da una sovrastruttura e da una struttura ben definita ed unitaria, a livello giuridico ed a livello rappresentativo. 

Non a caso già i romani nel III sec. a.C. posero la zecca sotto la tutela della Dea Moneta. La Res Publica romana, Augusto e l’Impero, Carlo Magno ed il Sacro Romano Impero, Napoleone e l’Impero…i sistemi monetari più duraturi, storicamente, non potevano prescindere da una forte e stabile connessione “superiore”, Fas e Ius al contempo, ma ben identificabile in una persona giuridica ed in una persona fisica e/o divina specifica.

Fonte: www.centrostudilaruna.it

fonte: https://crepanelmuro.blogspot.it/

giovedì 20 luglio 2017

c'era una volta il tempo...




di Juliette Deweze

Una volta per sapere il tempo metereologico in corso, bastava guardare fuori dalla finestra, farsi una passeggiata fuori. E per sapere il tempo che avrebbe fatto domani, sentire il vento, guardare le nuvole... E per sapere il tempo che avrebbe fatto nell'arco dell'anno saper valutare l'influenza della luna e dei pianeti, conoscere i detti popolari... Mio nonno si leggeva l'almanacco. E poi sapeva che se quel giorno di primavera faceva freddo allora era a posto perché il freddo poi se ne sarebbe andato, se invece era una bella giornata allora erano guai perché poi sarebbe tornato il freddo per un bel po' di tempo. E' ancora così no? O non serve più guardare fuori? Oppure forse oggi "la pluie et le beau temps" la fanno loro, allora certo che non ci si capisce più niente e ci servono i sensori e i programmi dell'IBM per monitorare immensi distese di mais OGM e di grano imbottito di pesticidi. 


E "aiutare" gli agricoltori a "prendere decisioni più informate".
Che follia... Mi chiedo cosa fare per diffondere questa grande "scoperta": non abbiamo bisogno di tutti questi gadget, il cervello e i sensi dell'essere umano sono più potenti di qualsiasi computer... Basta usarli! L'agricoltura di domani, del loro domani, sicuramente non del mio:

chi vuole eliminare Gianni Lannes?

Oggi alle 20 a Borgnano di Cormons in provincia di Gorizia, era prevista la partecipazione di Gianni Lannes ad una conferenza sui vaccini. Stamani alle 4:47 è giunta questa e-mail inviata dal signor Mida Riva! Si tratta di uno scherzo o cos'altro? Di recente erano giunte le minacce velate di Matteo Renzi. Il dottor Lannes in passato ha subito alcuni attentati ed ha vissuto sotto protezione della Polizia di Stato per due anni. In Parlamento giacciono sul suo conto, ovvero sugli attentati e le minacce di morte ricevute e denunciate all'autorità giudiziaria senza alcun esito, una decina di interrogazioni, a cui ben 4 governi italiani non hanno dato risposta! Il 31 luglio uscirà il suo ultimo libro d'inchiesta: VACCINI: DOMINIO ASSOLUTO?
Per ragioni di sicurezza Gianni Lannes non parteciperà alla tavola rotonda stasera a Borgnano di Cormons. 

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2017/07/vaccini-gianni-lannes-gorizia-il-17.html 

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2017/06/vaccini-oscura-censura_23.html 

--------- Messaggio originale ----------
Da: King Mida 
A: sulatestaitalia@libero.it
Data: 17 luglio 2017 alle 4.47
Oggetto: Attenzione hanno tentato di farmi sparire oggi li a Cormons



Se leggi questo messaggio ovunque ti trovi... fermati e torna indietro.
Questa sera al mio arrivo a Borgnano di Cormons, sono stato mio malgrado, protagonista di una di quelle volte in cui il complotto lo vivi sulla tua pelle. E' difficile capire cosa sia successo realmente, ma gli eventi sono precipitati non appena ho varcato la soglia della stanza in cui avrei dovuto "terminare il mio viaggio", una comunissima stanza d'albergo, ma dallo strano odore e dal sapore amaro. Ricapitoliamo gli eventi tanto per fare un breve flashback, qualche settimana fa vengo contattato tramite Skype per partecipare ad una conferenza sul tema vaccini, strano già questo elemento perchè io Mida Riva non sono un dottore né un avvocato né uno scienziato del settore, sono solo un genitore che come tanti si fa e si è fatto le sue domande, quindi il mio ruolo in questa conferenza è stato fin da subito un mistero...

Proprio per questa mia totale impreparazione per affrontare una conferenza sul tema ho deciso di arricchire la mia partecipazione portando come me altri ospiti, il Dott. Franco Trinca, il Dottor Giuseppe Genovesi, ed il plurilaureato scrittore e giornalista indipendente Gianni Lannes. Una conferenza coi fiocchi, a quanto pare questa conferenza "non s'ha da fare"...

Questa mattina sono partito dal Lago Trasimeno dove ho trascorso un sabato nel tentativo di comprendere meglio se fosse o meno fattibile un movimento politico fatto da persone vere operai, casalinghe, genitori, lavoratori autonomi, insomma un partito che nasce dal basso e resta collegato indissolubilmente alle sue origini, un movimento di persone "reali" con problemi veri che si affrontano tutti i giorni per tirare avanti e per sopravvivere ai nostri tempi. Un movimento fatto per far risolvere i problemi della gente comune i problemi che abbiamo tutti e che i nostri politici non possono sperimentare sulla propria pelle e quindi non possono in nessun modo ritenere prioritari.
In un movimento del genere in parlamento ci vogliamo mandare la mamma con i problemi derivanti dalle vaccinazioni, i papà che fanno fatica ad arrivare con le spese alla fine del mese, donne e uomini come noi, esseri umani che vivono la vita che facciamo noi e che possono comprendere quali sono i problemi di tutti.

In politica vige l'egoismo quando uno va al potere pensa ai fatti propri e di esempi potrei riempire un libro, facciamo in modo che questo egoismo automatico serva per risolvere i problemi di tutti, se in politica ci mettiamo una casalinga, allora essa risolverà i problemi suoi e di conseguenza quelli di milioni di casalinghe, così come se al parlamento ci andasse un lavoratore a partita iva esso risolverebbe i suoi problemi e come per il caso precedente quelli di milioni di partite iva...
Insomma un partito fatto di esseri umani non dei soliti grassi e pasciuti ricchi che fingono di fare il bene comune mentre pensano solo a raccontar balle e spartirsi la torta con i "nemici/amici" del magna magna collettivo.
Un sogno? Una utopia, magari no pensateci e ditemi la vostra...
Torniamo a quello che è successo poche ore fa in quel di Borgnano, tanto per far rimanere traccia di una serata da dimenticare.
Al mio arrivo ho trovato la porta dell'albergo chiusa e già questo dettaglio mi è sembrato anomalo, tant'è che ho lasciato la valigia in macchina e mi sono messo al telefono per cercare di avere un contatto con la reception, al telefono mi è stato detto che avrei potuto chiedere li al bar confinante, vabbè poco male, sono entrato e subito la questione si è risolta per il meglio ho consegnato la mia patente per fare il check-in e sono subito stato accompagnato in stanza.
E qua è iniziata la mia disavventura, la stanza non era come l'avevo richiesta ma era una stanza con due letti singoli, evidentemente qualcuno aveva pensanto che sarei arrivato in compagnia invece ero solo come avevo ampiamente comunicato al telefono nei giorni precedenti e la mattina stessa. Alla mia richiesta di cambiare stanza, in un albergo completamente vuoto mi è stata negata prima adducendo costi extra ai quali ero disposto a fare fronte e poi dicendo che le altre stanze non erano pronte. Ok non c'è problema mi adatterò, la signora velocemente mi lascia solo e rimango difronte alla stanza e ci entro, passo affianco ai letti, mi guardo attorno e vado alla finestra per aprire e cambiare aria, la stanza ha uno strano odore, molto penetrante che assomiglia a quello che si sente spruzzando veleno per insetti, l'odore mi colpisce e mentre apro la finestra comincio ad avvertire uno strano sapore in bocca, un sapore inconsueto in fondo al palato sento amaro, un amaro che si espande dal fondo del palato in avanti. Esco sul piccolo balcone mi guardo un po intorno e assaporo pensando questo gusto inconsueto, riflettendo mi passo la mano sul braccio e sento quel viscidume che si prova strofinandosi addosso l'anti zanzare, rientro nella stanza e noto che questo odore è proprio pungente e non riesco a stare li dentro, meno di un minuto dopo sono già uscito e sto camminando verso la macchina quando comincio ad avvertire un leggero giramento di testa cerco di riprendermi strofinandomi la faccia e quel viscidume è anche li sul mio volto, arrivo alla macchina mi sciacquo la bocca mi lavo come posso via quel veleno di dosso. Perplesso e dubbioso mi reco in un albergo li vicino e prendo una stanza, d'istinto mi lavo sotto la doccia vestito e mi strofino via quel composto oleoso che mi si era attaccato ovunque, e finalmente dopo questa doccia provvidenziale il sapore amaro scompare dalla mia bocca.
Cosa sarà stato? Veleno ? una abbondante spruzzata di raid forse un po esagerata non lo sapremo mai... A questo punto ricevo una chiamata allarmante da parte di uno degli ospiti che mi comunica che il suo account Facebook è stato manomesso, ci sono infatti dei messaggi scritti con questo account da parte di qualcun altro. Il complotto prende piede, racconto la mia disavventura e ritenendo fosse opportuno sporgere denuncia per questo avvelenamento non gradito, il mio caro amico Franco chiama per me i carabinieri e qua comincia la parte più sgradevole della storia.
Allertata l'arma mi viene detto di recarmi nuovamente al primo albergo per poter far una constatazione e una successiva denuncia dell'accaduto, insomma va bene esagerare col raid ma qua hanno esagerato troppo, tanto che qualcuno, poteva restarci secco se avesse deciso di permanere in quell'ambiente saturo di veleni.
Forse inaspettata la mia discesa repentina dal nuovo albergo lascia esterrefatti due strani signori che essendo il posto deserto, suscitano in me un nuovo campanello d'allarme, ebbene questi signori appena notano il mio gesto fulmineo di scattare una loro fotografia, pure essendo entrambi oltre la strada che separa l'albergo dal parcheggio e pur essendo entrambi impegnati al telefonino, si prodigano in uno scatto fulmineo per evitare d'essere ripresi in volto dalla mia istantanea.
I sospetti crescono e la valanga monta... chi sono questi due loschi figuri ? Come mai stanno sotto il nuovo albergo e come mai si sono girati di scatto appena hanno visto che puntavo fulmineamente la camera verso di loro? Beh non saprei proprio di certo non mi è piaciuto molto viverlo di persona.
Contattato telefonicamente dalla centrale dei Carabinieri faccio presente che la pattuglia deve essere ben visibile e dati i precedenti comincio ad essere quanto meno sospettoso e a ragion veduta ho fatto bene.
Al mio arrivo nel posto pattuito non trovo nessuna pattuglia ad aspettarmi così come era stato richiesto per l'urgenza della questione, dato che quella stanza poteva essere la tomba di chiunque.
Dato che non arriva nessuno e data l'ora mi avvio verso un locale vicino per un panino al volo.
Nel frattempo noto come il mio cellulare registri solo chiamate perse senza però che io le riceva realmente, cioè il display mostra un elevato numero di chiamate ma il mio cellulare non squilla mai.
Insomma cosa sta succedendo? Provo a fare delle chiamate e tutti i numeri risultano occupati, lascio messaggi in segreteria a mezzo mondo e poi provo i numeri fissi che so essere liberi, strano occupati anche quelli. Insomma il mio cellulare non permette di chiamare ne di ricevere...
Sono isolato dal mondo con strani tizzi alle calcagne, il panino fugace è buono e mi ricarica il giusto per affrontare quello che sta per succedere di li a poco. Mi arriva finalmente una telefonata, sono i Carabinieri per fortuna mi dicono che mi stanno cercando in lungo e in largo che non sanno come trovarmi e che devo andare davanti all'albergo perchè li c'è la pattuglia che mi aspetta.
Mentre mi dicono questo non sanno che nel frattempo mi sono appostato in un luogo ideale per poter vedere bene quello che sta succedendo, insomma l'unica macchina che mi cerca non è quella dei Carabinieri ma quella dei due uomini calvi che ho fotografato, infatti vanno su e giù per la strada dell'albergo cercando di intercettarmi mentre io li osservo e penso al complotto.
Pongo le condizioni al centralino dei Carabinieri, ormai era chiaro che qualcosa non andava qualcuno stava mentendo e non era bello sentirsi braccato. Finalmente esco dal mio punto d'osservazione e mi colloco con l'automobile difronte all'hotel chiedendo che gli agenti di palesino dato che sono proprio li un facile bersaglio e che c'è quella macchina nera che mi sta cercando.
Fortuna vuole che quando gli agenti mi vedono, inconsapevolmente mi offrono protezione perchè proprio dietro di loro sta sopraggiungendo quella famigerata macchina nera che mi sfila affianco con la coda tra le gambe consapevole di avermi perso per una frazione di secondo.
Evidentemente i due occupanti della macchina non gradiscono la presenza degli agenti e si defilano quatti quatti senza dare troppo nell'occhio, con le orecchie abbassate spariscono all'orizzonte.
Sempre al telefono con il centralino dei Carabinieri faccio presente che quella macchina nera è giusto passata li davanti in quel pezzo di strada almeno 5 volte, ma nessuno sembra stupirsi e nessuno vuole far chiarezza sugli abitanti di quello strano veicolo.

Mi presento ai due agenti e chiedo al loro collega di fare da garante restando connesso alla telefonata per poter testimoniare durante la mia denuncia dei fatti, purtroppo trova subito una scusa e mi saluta.
Provo a chiamare Franco che mi risponde subito, che fortuna, lui è con me tutto il tempo ed assiste a quello che in pochi avrebbero creduto possibile. 

I due agenti sono visibilmente agitati, uno dei due quello che parla urla e si vede il suo disagio lontano un miglio, è teleguidato infatti ha un cellulare incollato all'orecchio destro dal quale una voce lontana impartisce ordini e da suggerimenti sul come si deve agire in questa circostanza.
Le mie richieste di porre a verbale vengono ignorate, nessuno sembra interessato a sapere cosa è successo, ma una preoccupazione c'è bisogna far sparire Mida da li al più presto e Franco vedendo ignorati i miei tentativi di ottenere un verbale con le dichiarazioni si insospettisce e comincia anche lui a preoccuparsi tanto da chiedere egli stesso che il carabiniere e segua l'onere burocratico ripetutamente richiesto, anche lui invano, non viene ascoltato. Insomma questo verbale non è la loro priorità evidentemente. A nessuno importa che qualche altro ospite presenti sintomi d'avvelenamento o se veramente la stanza possa essere venefica... Strano, che tutori del popolo sono questi due signori ?
Anomali, è una parola vaga ma che bene esprime il loro sforzo nel tentativo di insinuare che date le condizioni di partenza, cioè le mie dichiarazioni di questa stanza avvelenata, senza andare mai a controllare, i due carabinieri telecomandati hanno la brillante idea di proporre una ambulanza per potermi curare dagli effetti dell'avvelenamento in atto, in atto solo per loro e subito smentito da me facendo presente che l'ambulanza non è necessaria che mi sento in perfetta salute, questa trovata dell'ambulanza è la goccia che fa traboccare il vaso, anche Franco intuisce che questo è solo un banale trucco per poter disporre del corpo del malcapitato Mida, e si oppone anche lui, sempre connesso telefonicamente, a questa inutile manovra... L'agente ribatte che lui non può sapere le reali condizioni dato che è al telefono, io ribatto subito dicendo che sto bene e che l'ambulanza non serve, e incalzo dicendo che si deve procedere alla stesura del verbale, quando noto che i due agenti si fanno cenno e cercano di incastrarmi in un angolo per potermi afferrare, io faccio capire loro con uno sguardo minaccioso che non starò li a farmi prendere e che se solo di fossero avvicinati avrei prontamente reagito per difendere la mia persona dal loro attacco immotivato, uno dei due quello taciturno cede al mio sguardo e indietreggia, ne approfitto per salire in macchina e dileguarmi nella notte... Da quel momento sono un fuggitivo che pensa e si domanda... qualcuno ha tentato di farmi sparire oggi?  
Io credo che la Stanza fosse più per te che per me... non venire chiamami...
Mida

fonte: http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/

giro a Ferrara


martedì 18 luglio 2017

Maryam Mirzakhani, la pensatrice lenta: un genio assoluto

Un genio a bassa velocità, una “pensatrice lenta”. Maryam Mirzakhani era una delle scienziate più sbalorditive dei nostri tempi, famosa perché nel 2014 fu la prima donna nella storia a vincere la Fields Medal, l’equivalente del Nobel per la matematica, scrive Viviana Mazza sul “Corriere della Sera”. Quattro anni fa le era stato diagnosticato un cancro al seno. Si è spenta il 14 luglio in California, all’età di 40 anni. «La sua scomparsa – osserva il “Corriere” – unisce nel dolore due nazioni, l’Iran e gli Stati Uniti, spesso divise dalla politica. Mirzakhani apparteneva a entrambe, entrambe l’hanno resa la donna che era». I media di Stato della Repubblica Islamica la piangono ritraendola con un foulard (photoshoppato), mentre le femministe ricordano che non portava l’hijab sui capelli cortissimi ed era sposata con un non musulmano. «Da piccola sognava di fare la scrittrice, ed è stata la fantasia a guidare il suo destino», permettendole di fare cose prima impensabili per una donna. «Non penso che tutti dovrebbero diventare matematici», ha detto, in una recente intervista. «Alle medie, andavo male in matematica. Se non ne sei entusiasta può sembrare una materia fredda. La bellezza della matematica si mostra solo ai più pazienti».
«Si è spenta una luce. Un genio? Sì, ma anche una madre, una figlia e una moglie», è il saluto dell’amico Firouz Naderi, scienziato della Nasa. La vita di Maryam Mirzakhani scorre parallela a quella dell’Iran rivoluzionario: nata a Teheran nel 1977, Maryam Mirzakhanicompleta le elementari alla fine della durissima guerraIran-Iraq. Alle superiori, lei e la sua amica Roya furono le prime ragazze in Iran a partecipare alle Olimpiadi internazionali di matematica grazie all’aiuto della preside: così, nel 1994, la 17enne Maryam vinse la medaglia d’oro, racconta il “Corriere”. Dopo la laurea si trasferì a Harvard, completò il dottorato con una tesi sulla geometria delle superfici iperboliche, poi andò a insegnare a Princeton e quindi a Stanford. I suoi campi di studio includevano la teoria ergodica e la geometria simplettica, settori molto astratti della matematica pura. «Per concentrarsi amava scarabocchiare la stessa figura all’infinito, tanto che la figlia Anahita la credeva una pittrice». Aggiunge Viviana Mazza: «Mirzakhani si definiva una pensatrice lenta. Gravitava intorno ai problemi più profondi». Il marito Jan Vondrak, anche lui matematico, raccontava che una volta, da fidanzati, andarono a correre. «Io ero in forma, lei gracile. Così all’inizio io ero in testa. Ma un’ora dopo mi ero fermato. Lei invece continuava a correre, alla stessa velocità».
Una carriera fulminante. «Galeotto fu il fratello più grande: aveva l’abitudine di raccontarle ciò che imparava a scuola, accendendole la curiosità per le materie scientifiche», scrive Rosita Rijtano su “Repubblica”. Il primo ricordo fatto di cifre? La storia di un bimbo tanto prodigioso quanto turbolento: Carl Friedrich Gauss, poi diventato il “principe dei matematici”. Per punizione, il maestro gli aveva chiesto di risolvere un problema: fare la somma di tutti i numeri da uno a cento. La storia narra che ci sia riuscito in pochi minuti, adottando una soluzione brillante, che ha “affascinato” la piccola Maryam. Ma cruciale, per le scelte del futuro, è stato l’ultimo anno di liceo: «Più tempo trascorrevo sulla matematica e più ne diventavo appassionata», Maryam alla lavagnaha raccontato Mirzakhani in un’intervista al “Guardian”. A soli 17 anni ha vinto la medaglia d’oro “olimpica” a Hong Kong, e da lì è stata una continua escalation. Dopo la laurea a Teheran, continua “Repubblica”, il dottorato ad Harvard con una tesi sui cammini chiusi sulle superfici in geometria iperbolica, considerata da molti colleghi “spettacolare”.
Anche Rosita Rijtano sottolinea il carattere della Mirzakhani: «Amava definirsi una “pensatrice lenta”. Forse proprio questa sua qualità, di soffermarsi sulle questioni un po’ più a lungo, le ha permesso di concentrarsi su problemi che riguardano le strutture geometriche sulle superfici e il modo in cui si deformano». Viaggi nel mondo della matematica che descriveva come «lunghe escursioni, senza un sentiero tracciato né un traguardo visibile». La meccanica invisibile della materia, esplorata dalla matematica. Nel 2014, la medaglia Fields per “i suoi contributi alla dinamica e alla geometria delle superfici di Riemann e dei loro spazi di moduli”. Le è stata consegnata nella capitale della Corea del Sud, Seoul, durante il ventisettesimo Congresso internazionale dei matematici che si tiene ogni quattro anni. «Quel giorno Mirzakhani ha rotto un tabù, dato che il premio non era mai finito tra le mani di una donna da quando la medaglia è stata assegnata per la prima Mirzakhanivolta: nel lontano 1936». Il commento di Frances Kirwan, dell’università di Oxford, membro della giuria: «Spero che questo riconoscimento sia d’ispirazione per sempre più giovani ragazze».
Prima di entrare a Harvard, ha raccontato in un’intervista, aveva studiato soprattutto topologia combinatoria e algebra. «L’analisi complessa mi era sempre piaciuta, ma non ne sapevo molto». Ha dovuto imparare molti argomenti che negli Stati Uniti uno studente universitario conosce già. «Ho cominciato frequentando il seminario informale organizzato da Curt McMullen, e la maggior parte del tempo non capivo una parola di quello che dicevano. Ero affascinata dal modo semplice ed elegante di parlare di McMullen, perciò ho cominciato a fargli tante domande, a ragionare, discutere». Le sue ricerche? «La maggior parte dei problemi su cui lavoro – ha spiegato – è collegata a strutture geometriche su superfici e le loro deformazioni. In particolare mi interessa studiare le superfici iperboliche. Soprattutto trovo affascinante poter guardare allo stesso problema da diversi punti di vista, e affrontarlo usando metodi differenti». L’aspetto più gratificante? «Il momento in cui provi l’eccitazione della scoperta, il piacere di capire qualcosa di nuovo, la sensazione di essere arrivati in cima a una montagna e avere la visuale sgombra. Ma la maggior parte del tempo per me fare matematica è come una lunga escursione senza sentiero tracciato e senza una destinazione visibile». Ancora: «Io sono una che pensa lentamente, e ho bisogno di tempo prima di fare passi avanti». Lentezza e flessibilità: in matematica «ognuno ha il suo stile, e una cosa che funziona per una certa persona magari non funziona così bene per altre».

fonte: http://www.libreidee.org/

sabato 15 luglio 2017

il denaro è lo sterco del diavolo?


San Basilio Magno sosteneva che il denaro fosse lo sterco del diavolo.
Il vescovo e teologo greco visse nel IV secolo dopo la venuta di Cristo, un tempo molto lontano da quello nel quale vi immergerò in queste pagine. 
Nella Roma degli anni Settanta in molti compresero che “portarsi via qualcuno” in grado di pagare un bel riscatto fosse la via più breve per mettere le mani su belle somme di denaro.
Tra i sequestri che tutti ricordano vi è quello dell'industriale Palombini, il re d el caffè, risoltosi con la morte dell'uomo.
Per comprendere dobbiamo risalire agli inizi degli anni settanta: un marsigliese d'adozione, Albert Bergamelli, crea una banda criminale di respiro internazionale. Tra i colpi sensazionali quello ai danni della Banca Federale Belga di Bruxelles. Bergamelli, dopo una fuga dal carcere italiano, nel 1973 impianta la propria base d'azione a Roma. Nella capitale italiana vi sono decine di semplici bande di quartiere, o batterie, che non riescono a controllare autonomamente gli affari sporchi. In breve tempo la banda diviene il punto di riferimento della criminalità non solo romana, ma italiana.
Nulla dura in eterno.
Nel maggio del 1976 il capo è in manette. Livido dalla rabbia avrà la forza di guardare negli occhi i giornalisti accorsi per affermare: «qualcuno mi ha tradito, ma si ricordi che sono protetto da una grande famiglia».


Il potere della criminalità passò rapidamente dalle mani della banda di Bergamelli, collegata al clan dei marsigliesi, a quella della Magliana. In un perfetto sincretismo, i nuovi criminali ereditarono dai vecchi tecniche ed amicizie ponendo la banda della Magliana all'interno di un groviglio politico e religioso difficile da districare.
Memorabile l'affermazione che Bergamelli rilasciò dal carcere: «quelli della Magliana? Sono solo dei borgatari, gente che agisce senza alcuna razionalità, senza una mente direttiva».
I primi atti operativi della banda della Magliana sono da collocarsi nel 1977 con il sequestro del duca Massimiliano Grazioli Lante delle Rovere. Era il 7 novembre quando i componenti della banda rapirono il nobiluomo. Il sequestro, per l'inesperienza dei criminali, finirà nel sangue con l'uccisione dell'uomo, ma con il riscatto di due miliardi comunque incassato.
Un personaggio tra i fondatori della banda merita la nostra attenzione: Enrico De Pedis, detto Renatino.
De Pedis nacque a Roma il 15 maggio del 1954. Iniziò il suo apprendistato come scippatore, divenendo ben presto rapinatore. Il primo arresto risale al 1974, a 20 anni. Torna nuovamente dietro le sbarre nel 1977 per una rapina avvenuta diversi anni prima. All'epoca del sequestro Lante delle Rovere, De Pedis era detenuto in carcere da cui uscirà nell'aprile del 1980. Renatino era sempre ben vestito, pettinato e con una cura maniacale della propria immagine, tanto da meritarsi l'appellativo di bambolotto. Tra le strade di Roma si sosteneva che passasse più tempo in profumeria che in strada a curare i propri affari.
De Pedis rapidamente salì ai vertici della criminalità romana grazie alla morte degli amici, e soci di scorribande banditesche, Raffaele Pernasetti e Danilo Abbruciati. Renatino sfruttò la situazione per stringere rapporti con la criminalità organizzata siciliana e per intraprendere un'attività di reinvestimento di ingenti somme di denaro in affari edilizi e finanziari.
Nelle fasi finali della propria vita tentò di affrancarsi dai trascorsi criminali, in questo aiutato dalle risorse finanziarie di cui poteva disporre. Per ripulire la propria immagine iniziò ad interessarsi all'arte, frequentando le migliori botteghe antiquarie della capitale.
La fine arriva per tutti.
De Pedis iniziò a non dividere i proventi con i complici momentaneamente in carcere, e neppure con i loro familiari. Gli altri lo interpretarono come uno sgarro cui porre rimedio quanto prima. Edoardo Toscano appena uscito dal carcere decise che era giunto il momento di uccidere Renatino. De Pedis fu più veloce e fece uccidere Toscano dai suoi uomini. Il momento finale per Renatino non era lontano: il 2 febbraio del 1990 fu attirato con l'inganno in un appartamento nei pressi di Campo dei Fiori. Terminata la conversazione si avviò con il motorino per le strade di Roma. Poco dopo fu affiancato da due sicari che spararono un solo colpo alle spalle, uccidendolo.
I funerali di De Pedis furono celebrati nella Basilica di San Lorenzo in Lucina. La sua salma, tumulata inizialmente nel cimitero del Verano, fu trasferita poco dopo all'interno della cripta della Basilica di Sant'Apollinare a Roma.
Un criminale sepolto all'interno di un luogo sacro della cristianità?
Qualcosa sfugge.
Nel proprio libro di memorie Sabrina Minardi, amante di Renatino, spiegò in modo esplicito la carriera e la sepoltura all'interno della cripta della Basilica di Sant'Apollinare: «lo sapevano tutti che Renatino era l'uomo del Vaticano». De Pedis era conosciuto dal cardinale Poletti, vicario di Roma e persona assai vicina a Giulio Andreotti. Lo stesso cardinale, nella sua qualità di vicario, firmò il nulla osta per l'autorizzazione alla sepoltura di De Pedis in Sant'Apollinare, in deroga al diritto canonico.
Chi richiese il nulla osta alla sepoltura?
La tumulazione nella basilica fu richiesta dalla vedova di De Pedis a monsignor Pietro Vergari, rettore di sant'Apollinare, il quale scrisse una lettera, datata 6 marzo 1990, a Poletti nella quale attestava che De Pedis in vita fu benefattore dei poveri che frequentavano la basilica. Il 24 aprile dello stesso anno la salma di Renatino fu tumulata nella cripta e le chiavi del cancello furono consegnate alla vedova.
De Pedis stringeva legami con il Vaticano, stando alle dichiarazioni dell'amante e alla prova offerta dalla sepoltura.
Sabrina Minardi nel suo libro non pone limiti alle amicizie di Renatino, parlando delle cene a casa di Giulio Andreotti: «Renato era ricercato, siamo andati su a casa e accoglienza al massimo, c'era pure la signora, la moglie, una donnetta caruccia. Ovviamente davanti non parlavano di niente».
Un criminale amico di un cardinale e di Giulio Andreotti?
Il porporato in questione, Ugo Poletti, compare nella lista Pecorelli, pubblicata il 12 settembre del 1978 sulla rivista l'Osservatore Politico dal giornalista Mino Pecorelli. Il documento conteneva i nomi degli appartenenti alla massoneria nell'ambiente ecclesiastico. Poletti era in buona compagnia, dato che nella lista comparivano Paul Marcinkus, Dino Monduzzi e il vescovo Salvatore Baldassarri.
Il 20 marzo del 1979 il corpo di Pecorelli sarà ritrovato all'interno della sua auto.


De Pedis amico di cardinali che rientravano nelle liste di possibili affiliati alla massoneria, e intimo di politici che governavano l'Italia a loro piacimento.
Un ulteriore passo in avanti nelle ricerche attiene il possibile ruolo svolto da Renatino nel rapimento di Emanuela Orlandi. Antonio Mancini, uno dei componenti del primo nucleo della banda, affermò: «Emanuela Orlandi è stata rapita per ricattare il Vaticano e per ottenere la restituzione di un'ingente somma di denaro investita dalla banda della Magliana nello IOR».
Non vogliamo affidarci alle parole di un criminale?
Ascoltiamo quelle di un magistrato?
Il giudice Rosario Priore sostiene che Emanuela Orlandi sia stata rapita dalla Banda della Magliana per un ricatto al Vaticano per rientrare in possesso di 20 miliari di lire consegnati allo IOR.
Interessante leggere le dichiarazioni di Mancini sulla sepoltura di De Pedis in Sant'Apollinare: «il motivo per cui è sepolto in Sant'Apollinare è che fu lui a far cessare gli attacchi della banda nei confronti del Vaticano. Queste pressioni erano dovute al mancato rientro dei soldi prestati, attraverso il Banco Ambrosiano di Calvi, al Vaticano. Dopo il fatto della Orlandi, nonostante i soldi non fossero rientrati tutti, De Pedis, che stava costruendo per sé un futuro nell'alta borghesia, s'impegnò attraverso i prelati di riferimento a far cessare le azioni violente. Tra le cose che chiese in cambio di questa mediazione, c'era la garanzia di poter essere seppellito in Sant'Apollinare».
Siamo di fronte ad uno scambio?
Ascoltando le parole del criminale Mancini e del giudice Priore parrebbe proprio di si.
Nel 1997 la sepoltura, che abbiamo compreso essere parte del ricatto di De Pedis al Vaticano, fu al centro di un'interrogazione parlamentare scaturita da un articolo, per il Messaggero, della giornalista Antonella Stocco. Il risultato dell'intervento politico fu la preclusione al pubblico dell'accesso alla cripta.
Quale fu la risposta del Vaticano alle pressioni sulla tumulazione di un criminale all'interno di una basilica?
Il Vicariato dichiarò che, pur comprendendo le perplessità ingenerate dalla sepoltura, non riteneva opportuna un'estumulazione.
Il 18 giugno del 2012, su autorizzazione della magistratura italiana, la salma di De Pedis fu traslata dalla basilica di Sant'Apollinare e trasferita al cimitero di Prima Porta, dove fu cremata.
Successivamente le ceneri furono disperse in mare.
Siamo di fronte ad un criminale comune divenuto potente grazie alle amicizie con le gerarchie politiche ed ecclesiastiche, segnate dalle parole del giudice Rosario Priore e dalla sepoltura all'interno di un luogo sacro della cristianità.
Cosa possiamo aggiungere?
Prendendo a prestito dal titolo di un recente film, potremmo concludere che la verità sta in mare.

Fabio Casalini

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/

Bibliografia

Di Giovacchino Rita, Il Fatto Quotidiano – Renatino, l'uomo del Vaticano – 15 maggio 2012

La Repubblica – Sabrina Minardi e Renato De Pedis. Vita pericolosa di una donna del boss – 23 giugno 2008

La Stampa – De Pedis, ok di Poletti – 31 marzo 2012

La Repubblica – Dalla Magliana ai salotti buoni, romanzo criminale di una banda – 25 giugno 2008

La Repubblica – La salma di Renatino nella basilica, l'ultimo colpo del boss benefattore – 25 giugno 2008

Corriere della Sera – E' stato Renatino a rapire la Orlandi – 28 dicembre 2009

Corriere della Sera – Sequestro Orlandi: ecco l'auto – 14 agosto 2008

Laura Bogliolo, Il Messaggero – Caso Orlandi, aperta la tomba di De Pedis. La salma è quella del boss – 14 maggio 2012

Fabrizio Peronaci, Corriere della Sera – Lunedì si sposta la tripla bara di De Pedis – 13 maggio 2012


Fotografie

1- Omicidio di Enrico De Pedis
2- Albert Bergamelli agli arresti
3- Omicidio di Mino Pecorelli