martedì 27 ottobre 2015

acqua shock, ciò che diamo al futuro sono le scelte che facciamo oggi


chiazza di petrolio riversatasi nel Golfo del Messico dopo il disastro della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon nel 2010 - cisterne indiane a gradini costruite tra il 600 e il 1850, disegnate come una fantasia di Escher, oggi cadute in disuso e diventate discariche - in Cina, getto d'acqua della diga più grande del mondo: una nuvola di turbolenza liquida per la cui realizzazione milioni di persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case - "paradisi artificiali" generati dall'agricoltura e dall'acquacoltura, e i riti sacri, che pure possono incidere negativamente sull'ambiente: nel 2013, in occasione della cerimonia del Kumbh Mela nel Gange, cento milioni di persone si sono indirizzati verso il fiume per bagnarsi nelle acque in cui vengono gettati anche i corpi bruciati dei morti, le carcasse di animali, gli scarichi industriali le fogne municipali. 













a volte sembra acqua, ma a volte proprio no.
a me ricordano alberi, queste foto.
disegni, foglie.
reticoli venosi.
diramazioni arteriose.
oppure radici malsane.
colori malati, irreali, sospetti
mi domando se siano forzati, artefatti, alcuni video riportati alla mostra raccontano di un attento e scrupoloso lavoro al computer, prima di stampare le foto in grandi dimensioni.
quindi fotografia si, ma anche tanta manualità.
le immagini dicono di qualcosa che non va, qualcosa che corrode, che corrompe, che fa ammalare, che causa patologia.
si tratterebbe di acqua eppure sembra tutto così arido, senza vita, morente, assetato fino a morirne.
sono le foto di Edward Burtynsky al Palazzo della Ragione di Milano, che, oltre che fotografo, è un esploratore: dall’America alla Cina, dall’Italia all’India, ha scandagliato cave e miniere, estrazione di petrolio e costruzione di dighe, saline e centrali geotermiche inseguendo le grandi mutazioni antropiche dell’ambiente. i suoi viaggi li racconta"Acqua Shock" (a cura di Enrica Viganò) al Palazzo della Ragione Fotografia di Milano dal 3 settembre al 1 novembre 2015 per "Expo in città", una mostra che raccoglie otto anni di pellegrinaggi lungo gli estuari disidratati dei grandi fiumi.
le foto sono molto contrastate ed esprimono un contrasto, la bruttura che fa immagine, la morte che fa bellezza, la natura -ferita- che da la morte. il ciclo dell'acqua e del suo feroce sfruttamento sono spettacolo, diventano spettacolo, immagine che ipnotizza e conduce a un altrove, non al problema, ma a un lavoro immaginario, a un'astrazione, a un'interpretazione.
"Le fotografie di Burtynsky sono potenti e misteriose e l'osservatore, a un primo sguardo, non è in grado di capire se quanto ritratto nell'inquadratura debba giudicarsi positivo o spregevole" (Enrica Viganò). Immagini dall'alto (riprese anche con i droni) raccontano i contrasti: corsi d'acqua, paesaggi disidratati e il delta dei fiumi sono in lotta con le aree urbane. C'è ricerca e sogno negli scatti di Burtynsky: l'acqua prende forma in grafiche che diventano disegni. Quando la fotografia affonda le radici nell'arte, le immagini diventano supporto per la riflessione. L'autore sembra giocare con le forme: tecnica e genialità a fargli da supporto. La percezione è volutamente travisata, così allo stesso modo dell'acqua può esplodere il fuoco e diventare una rappresentazione che rivela il «minimo umano» davanti alla natura. La fotografia di questo artista, che ora approda a Milano, nasce dagli insediamenti industriali: fabbriche, impianti, dighe diventano il mezzo di contrasto per capire come la mano dell'uomo possa cambiare il territorio. Nelle opere esposte a Palazzo della Ragione si vede come il paesaggio industriale faccia da scuola al fotografo, che poi prosegue la sua ricerca artistica estendendo le sue creazioni al paesaggio e alla natura. Sono contraddizioni rese in immagini, come quell'agglomerato urbano che si confonde con la linea di confine di un territorio arido in Arizona (il titolo dello scatto è «Riserva indiana-Salt River Pima»). Così la creazione artistica lascia un limite discusso tra il vero e l'immaginario. La natura guarda passiva e assorbe il cambiamento: Burtynsky ne registra il misfatto. La mostra è un percorso artistico capace di rendere visivo il volto della terra che cambia. Fotografie che illudono l'occhio facendo il verso all'umanità che, nel progresso, illude se stessa.

Maurizio Bonassina, Corriere della Sera, 4 settembre 2015.

fonte: nuovateoria.blogspot.it

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