giovedì 29 gennaio 2015

referendum 2011



I referendum abrogativi del 2011 si sono tenuti in Italia il 12 e 13 giugno 2011.

L'elettore ha avuto la facoltà di votare per uno o alcuni dei quesiti referendari. Affinché ciascuno dei quattro referendum fosse valido, era richiesta la partecipazione al voto, per il rispettivo quesito, del 50% più uno degli aventi diritto. Con la maggioranza di SÌ sono state abrogate le norme sottoposte a referendum. Se avesse ottenuto la maggioranza il NO, sarebbero rimaste in vigore le norme oggetto del quesito.

Gli elettori chiamati al voto erano 47 118 352 (22 604 349 di sesso maschile e 24 514 003 di sesso femminile), più 3 300 496 elettori residenti all'estero. Il quorum da raggiungere per la validità della consultazione era del 50% più uno degli aventi diritto, cioè 25 209 425 elettori, quorum poi raggiunto con il totale del: 54,81% (primo quesito), 54,82% (secondo quesito), 54,79% (terzo quesito), 54,78% (quarto quesito) dei residenti in Italia e dei residenti all'estero.

L'iniziativa referendaria

I quesiti sui servizi idrici derivano da un'iniziativa civica promossa dal Forum Italiano dei movimenti per l'acqua, una rete che raggruppa numerosissime associazioni e che gode del supporto esterno dei principali partiti politici della sinistra radicale e ambientalisti. I referendum sull'energia nucleare e sul legittimo impedimento sono stati promossi su iniziativa dell'Italia dei Valori.

La calendarizzazione

Da calendarizzare, secondo legge, tra il 15 aprile e il 15 giugno, i referendum abrogativi sono stati infine fissati per il 12 e 13 giugno.

In un primo momento, era stato proposto l'accorpamento al primo turno (15-16 maggio) o al turno di ballottaggio (29-30 maggio) delle elezioni amministrative. Tuttavia il ministro degli Interni Roberto Maroni ha optato per la divisione delle due consultazioni, dichiarando che «il referendum si svolgerà il 12 e 13 giugno secondo una tradizione italiana che ha sempre distinto le due date». A favore dell'accorpamento si sono dichiarati invece i comitati promotori e l'opposizione parlamentare, denunciando una evitabile spesa di 300 milioni di euro.

I quesiti

Primo quesito

Colore scheda: rosso

Titolo:

Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abrogazione.

Descrizione:

Il quesito prevede l’abrogazione della norma che consente di affidare la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica a soggetti scelti a seguito di gara ad evidenza pubblica, consentendo la gestione in house solo ove ricorrano situazioni del tutto eccezionali, che non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato.

Secondo quesito

Colore scheda: giallo

Titolo:

Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma.

Descrizione:

Il quesito propone l’abrogazione parziale della norma che stabilisce la determinazione della tariffa per l’erogazione dell’acqua, nella parte in cui prevede che tale importo includa anche la remunerazione del capitale investito dal gestore.

Terzo quesito

Colore scheda: grigio

Titolo:

Abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare.

Descrizione: Il quesito propone l’abrogazione delle nuove norme che consentono, sia pure all’esito di ulteriori evidenze scientifiche sui profili relativi alla sicurezza nucleare e tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore, di adottare una strategia energetica nazionale che non escluda espressamente la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare.

Quarto quesito

Colore scheda: verd

Titolo:

Abrogazione di norme della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale.

Descrizione:

Il quesito propone l’abrogazione della disciplina differenziata del legittimo impedimento a comparire in udienza, applicabile ai soli titolari di cariche governative.

Interventi legislativi e modifica del terzo quesito sul nucleare

La normativa sulla ripresa dell'energia nucleare in Italia è contenuta nella legge n. 99/2009 e nel decreto legislativo n. 31/2010..

Il testo del quesito referendario su cui sono state raccolte le firme faceva quindi riferimento a tale normativa.

Nel mese di marzo, nel corso della campagna referendaria e a seguito del disastro nucleare di Fukushima, in Giappone, il governo ha emanato il decreto legge n. 34/2011, il cui articolo 5 ("Sospensione dell'efficacia di disposizioni del decreto legislativo numero 31 del 2010 ") include una moratoria di un anno sull'avvio del programma nucleare.

In seguito, grazie all'introduzione di un emendamento al decreto omnibus 2011, convertito in legge il 26 maggio, il governo Berlusconi IV intende modificare ulteriormente la normativa vigente, ovvero il precedente decreto di marzo, oggetto anche del terzo quesito referendario.

L'emendamento, abrogando diverse disposizioni, fra cui quelle relative alla realizzazione di nuove centrali nucleari. concede al governo di tornare eventualmente in seguito sulla questione dell'uso dell'energia nucleare in Italia una volta acquisite "nuove evidenze scientifiche mediante il supporto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza, tenendo conto dello sviluppo tecnologico e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione europea", attraverso l'adozione, entro dodici mesi, di una "strategia energetica nazionale" che non nomina né esclude, quindi, l'eventuale ricorso all'energia nucleare stessa.

In base all'art. 39 della legge 352/1970 sui referendum, "se prima della data dello svolgimento del referendum, la legge, o l'atto avente forza di legge, o le singole disposizioni di essi cui il referendum si riferisce, siano stati abrogati, l'Ufficio centrale per il referendum dichiara che le operazioni relative di voto in merito non avranno più corso".

L'intento del governo, come dichiarato da Silvio Berlusconi, era quello di non permettere lo svolgimento del referendum sul nucleare, poiché influenzato dai recenti avvenimenti in Giappone:

« Se fossimo andati oggi a quel referendum, il nucleare in Italia non sarebbe stato possibile per molti anni a venire. Abbiamo introdotto questa moratoria responsabilmente, per far sì che dopo un anno o due si possa tornare a discuterne con un'opinione pubblica consapevole. Siamo convinti che il nucleare sia un destino ineluttabile »

Il 1º giugno 2011 l'ufficio centrale per il referendum costituito presso la Cassazione ha tuttavia stabilito che - pur alla luce dell'emendamento presentato dal governo - il referendum sul nucleare debba essere comunque svolto e che debba essere relativo al testo normativo risultante dalla modifica operata dal decreto omnibus. La Cassazione ha trasferito il quesito abrogativo sulle disposizioni di cui all'articolo 5 comma 1 e 8 dl 31/03/2011 n.34, convertito con modificazioni dalla legge 26/05/2011 n.75: tenendo conto dell'abrogazione parziale contenuta nel decreto omnibus, la Corte ha stabilito che il referendum concernerà le ultime disposizioni legislative ancora in vigore. Nelle motivazioni adottate a maggioranza dall'ufficio centrale per il referendum, appare come le nuove norme sono in "manifesta contraddizione con le dichiarate abrogazioni" e come si "dà luogo a una flessibile politica dell'energia che include e non esclude anche nei tempi più prossimi la produzione a mezzo di energia nucleare". Il comma 1 dell'articolo 5 "apre nell'immediato al nucleare (solo apparentemente cancellato)".

Lo stesso 1º giugno 2011 il governo Berlusconi IV ha dato mandato all'avvocatura dello Stato di intervenire all'udienza del 7 giugno della Corte costituzionale sull'ammissibilità del nuovo quesito, al fine di "evidenziare l'inammissibilità della consultazione", poiché il referendum "avrebbe a questo punto un oggetto del tutto difforme rispetto al quesito in base al quale sono state raccolte le firme", e perché non sarebbe di tipo abrogativo, ma consultivo o propositivo. La corte costituzionale ha confermato all'unanimità l'ammissibilità del quesito.

Posizione delle principali forze politiche

Partiti rappresentati in Parlamento

Partito Primo quesito Secondo quesito Terzo quesito Quarto quesito Fonti

Alleanza per l'Italia  NO NO SÌ SÌ

Futuro e Libertà per l'Italia libertà di voto libertà di voto libertà di voto libertà di voto

Italia dei Valori SÌ SÌ SÌ SÌ

Lega Nord libertà di voto libertà di voto libertà di voto libertà di voto

Movimento per le Autonomie  SÌ SÌ SÌ SÌ

Partito Democratico SÌ SÌ SÌ SÌ

Popolo della Libertà astensione astensione astensione astensione

Radicali Italiani libertà di voto libertà di voto SÌ SÌ

SVP  SÌ SÌ SÌ SÌ

Union Valdôtaine SÌ SÌ SÌ libertà di voto

Unione di Centro NO NO libertà di voto SÌ

Partiti senza rappresentanti in Parlamento

Partito Primo quesito Secondo quesito Terzo quesito Quarto quesito Fonti

Federazione della Sinistra SÌ SÌ SÌ SÌ

Fiamma Tricolore SÌ SÌ libertà di voto astensione

Forza Nuova SÌ SÌ SÌ SÌ

La Destra SÌ SÌ SÌ astensione

Movimento 5 Stelle  SÌ SÌ SÌ SÌ

Partito Comunista dei Lavoratori SÌ SÌ SÌ SÌ

Partito Socialista Italiano SÌ SÌ SÌ SÌ

Partito Pensionati SÌ SÌ SÌ SÌ

Sinistra Critica SÌ SÌ SÌ SÌ

Sinistra Ecologia Libertà  SÌ SÌ SÌ SÌ

Verdi SÌ SÌ SÌ SÌ

Cariche istituzionali

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha dichiarato che avrebbe partecipato ai referendum: Io sono un elettore che fa sempre il suo dovere. Non ha espresso intenzioni di voto.

Il presidente del Senato Renato Schifani ha sottolineato la "sacralità" di ogni forma di partecipazione democratica e che si sarebbe recato a votare nella sua città, Palermo.

Il presidente della Camera Gianfranco Fini ha dichiarato che sarebbe andato a votare.

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha dichiarato che non sarebbe andato a votare.

Abrogazione delle norme

Le norme oggetto di referendum sono state formalmente abrogate con decorrenza 21 luglio 2011 da quattro D.P.R. promulgati il 18 luglio 2011, rispettivamente n. 113, 116, 114 e 115.

Tuttavia, l'articolo 4 del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, approvato dal Governo Berlusconi, pur con diversa formulazione, va a reintrodurre le norme abrogate dal primo quesito, escludendo però, oltre ai servizi che già non vi rientravano (distribuzione di gas naturale, distribuzione di energia elettrica, servizio di trasporto ferroviario regionale, gestione di farmacie comunali), anche il servizio idrico integrato che è stato il principale oggetto della campagna referendaria.

Il 20 luglio 2012 la Corte costituzionale ha giudicato incostituzionale l'articolo 4 della legge 138/11 (di cui sopra) con la seguente motivazione:

« [La legge] viola il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare desumibile dall’articolo 75 della Costituzione »

e ancora:

« Nonostante l’esclusione dall’ambito di applicazione della nuova disciplina del servizio idrico integrato risulta evidente l’analogia, talora la coincidenza, della norma impugnata rispetto a quella abrogata dal voto popolare, nonché l’identità della ‘ratio’ ispiratrice. Tenuto, poi, conto del fatto che l’intento abrogativo espresso con il referendum riguardava pressoché tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica non può ritenersi che l’esclusione del servizio idrico integrato, dal novero dei servizi pubblici locali ai quali una simile disciplina si applica, sia satisfattiva della volontà espressa attraverso la consultazione popolare. »

e infine:

« L’affidamento ai privati è una facoltà e non un obbligo. »

La Corte stabilì inoltre che questa sentenza annulla anche le disposizioni contenute nel primo pacchetto di riforme economiche del marzo 2012 (cresci-Italia) volute dal Governo Monti in materia di privatizzazioni.

La sentenza potrebbe annullare alcuni provvedimenti nella successiva legge di riordino della spesa pubblica (spending review) del luglio 2012, sempre voluta dal governo Monti.

fonte: Wikipedia


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