domenica 18 gennaio 2015

i cavalieri che fecero l'impresa



è un film del 2001 diretto da Pupi Avati.

Trama

Monastero di St. Denis, 1272. Il monaco Giovanni da Cantalupo va a fare visita alla tomba di Luigi IX di Francia, detto il Santo, per dirgli che l’impresa che il re aveva affidato al monaco si è finalmente compiuta e che ora è arrivato il momento per Giovanni di narrare al re defunto la storia dei cinque cavalieri che la fecero. Ognuno dei cavalieri aveva un carattere molto singolare e la luna li ha indirizzati per tale compito. Come dice il monaco infatti:

-”Chi di loro venne concepito nella tredicesima luna visse nell’onore e nella felicità di ogni cosa intrapresa: Jean de Cent Acres (Stanislas Merhar) fu concepito nella tredicesima luna”.

-“Chi invece fu concepito nella ventottesima luna ebbe carattere contorto e comportamento audace: Ranieri di Panico (Marco Leonardi) fu concepito nella ventottesima luna”.

-“Chi venne concepito nella ventitreesima luna fu benevolo ma fu vittima di malefizi oscuri: Giacomo di Altogiovanni (Raoul Bova) fu concepito nella ventitreesima luna”.

-“Chi venne concepito nella prima luna onorò solo chi seppe riconoscere i meriti della sua arte guerresca: Vanni delle Rondini (Thomas Kretschmann) fu concepito nella prima luna”.

-“Chi venne concepito nella quinta luna ebbe sempre sguardo nuovo sulle cose del creato: Simon di Clarendon (Edward Furlong) fu concepito nella quinta luna”.

Quindi inizia la narrazione dei fatti: la storia si sposta nel regno del Prete Gianni (celebre mito medievale di un remoto impero cristiano retto da un grande sovrano, re e sacerdote), presso la leggendaria figura in persona. Giovanni da Cantalupo si presenta al suo cospetto per fargli delle domande, su incarico del Re Luigi IX, riguardo ad una reliquia: il sudario di Gesù Cristo morto in croce. Per anni ha provato a cercarla e i suoi superiori gli hanno addirittura tolto il potere di dire messa. Ma la sua ostinazione lo ha portato fin lì per avere risposte e per capire dove debba orientarsi il suo cammino. Il Prete Gianni gli risponde in maniera alquanto enigmatica: ”Cercate colui che cuoce sui sassi il pane del re.”.

Nel frattempo, nel castello di Clarendon, in Inghilterra, Ugo di Clarendon (Edmund Purdom) racconta al figlio Simon cosa accadde durante una battaglia contro gli infedeli. Le truppe cristiane riuscirono a trovare riparo dai dardi e dal fuoco greco nemico ma il signore di Cent Acres, Guglielmo, Maestro del Tempio fu colpito mortalmente e la sua agonia durò giorni. Sul letto di morte fece avvicinare Ugo al suo capezzale affidandogli un incredibile segreto che doveva assolutamente essere riferito al re Luigi. Lo stesso re poi salvò la vita ad Ugo, dopo la morte di Cent Acres, ma non riuscì a confidargli quel segreto incommensurabile. Per questo motivo il signore di Clarendon ha trascritto tutto su una lettera che il suo giovane figlio Simon, inesperto di viaggi, non avendo mai lasciato le sue terre, dovrà portare al re, ora accampato davanti a Tunisi per combattere la settima crociata e convertire gli infedeli al Cristianesimo. Forse il re non sarebbe riuscito a vincere la guerra ma sarebbe potuto tornare in patria con qualcosa di così sacro e puro da avere un riconoscimento eterno. Infine Simon riceve la benedizione del padre e parte alla volta della Tunisia.

Intanto, nell’accampamento francese a Tunisi, re Luigi IX, affetto da dissenteria, è arrivato alla fine dei suoi giorni. Dopo una lunga agonia, e dopo la carrellata di tutti i suoi servi e soldati, tra cui anche Giovanni di Cantalupo, il re esala il suo ultimo respiro, dopo una potente folata di vento che dimostra la sua santità. I medici quindi prelevano il cuore del sovrano defunto che viene trasportato in processione dal più giovane dei soldati dell’accampamento, Jean de Cent Acres, e il corpo del re viene cotto per prelevare le sue sante ossa che verranno in seguito trasportate lungo tutta la penisola italiana fino in Francia dai suoi soldati. Durante quella terribile notte, Giovanni e Jean cenano insieme e il monaco capisce ciò che l’imperatore dell’Impero Romano d’Oriente voleva dirgli: infatti Jean racconta che il re lo fece cavaliere perché ogni giorno, da quando il sovrano francese ormai non riusciva più a mangiare niente a causa della dissenteria, gli portava il pane dei bracconieri, che il re assaporava sempre quando andava a caccia. Quello era il “pane del re”, poiché si cuoce alla maniera dei cacciatori su sassi roventi tolti dal fuoco. Giovanni quindi comprende che Jean è destinato a trovare la santa reliquia, ma il giovane cavaliere non gli dà ascolto e se ne va.

La scena poi si sposta su Simon in viaggio (dallo scenario che lo circonda si può pensare che si trova tra la Francia e l’Italia), che ancora non sa della morte del buon re, per arrivare dunque in un villaggio, dove vive un capomastro, Rolando dal Gesso, con i suoi allievi fabbri, tra cui vi è anche Giacomo d’Altogiovanni. Il giovane sta portando a termine una spada da consegnare a un misterioso cavaliere il giorno di Sant’Aureliano. Viene chiamato dal padrone, che si comporta in maniera abbastanza strana. Giacomo è convinto che la spada verrà completata come sempre da Rolando, ma il capomastro non è intenzionato a farlo ed è deciso a confidargli un segreto: il modo in cui si può creare una spada che non si spezza mai. Lo conduce quindi in un’oscura grotta, in un bosco lì vicino, e Giacomo vi trova una rudimentale fucina, un’incudine e nel lavello invece di acqua si trova un’orrida mistura composta da urina di donna gravida ed escrementi di oca selvatica. I dubbi del giovane fabbro si fanno sempre più insistenti, finché non comprende la natura di quel luogo: Rolando scopre un crocifisso appeso al contrario, e prima di continuare chiede a Giacomo se vuole continuare. Il fabbro, terrorizzato ma anche curioso, accetta e il suo padrone gli chiede di ripetere tutto ciò che dirà anche se non capirà il significato: di fatto, forse all’insaputa del giovane, egli gli fa proferire il Padre Nostro al contrario, compiendo dunque il rito di iniziazione satanico (in seguito si scoprirà che Giacomo diventerà proprio un posseduto). Di ritorno dalla grotta, giungono le guardie in cerca di Rolando, che appena in tempo nasconde tra delle frasche il suo discepolo, per poi venire catturato con l’accusa di invocazione del diavolo nei territori circostanti. Giacomo, nascosto e impotente, assisterà alla morte del maestro all’interno di un forno, e dovrà poi scappare per salvarsi e portare a termine il suo compito.

Intanto, non molto lontano da lì, i due cavalieri Vanni delle Rondini e suo cugino Ranieri di Panico si allenano a combattere, e dopo aver finito, Ranieri si complimenta col parente per la sua bravura nel combattere; l’unica cosa che gli manca è una buona lama da usare nelle sue missioni da mercenario, una lama che non si spezzi mai. Nello stesso tempo, Giacomo assolve al suo arduo compito nella grotta dove il maestro lo ha condotto alcuni giorni prima, forgiando la lama invincibile.

I soldati francesi, di ritorno da Tunisi, giungono nelle terre di Panico, e vengono a sapere dall’unico sopravvissuto di un villaggio che per attraversare la vallata dovranno avere il permesso dal signore di Panico, padre di Ranieri, che è a capo di una banda di assassini e rapinatori chiamata “Lupi Rapaci”. Jean de Cent Acres e il suo comandante vengono condotti dal padre di Ranieri e riescono ad ottenere il permesso di passare, sebbene Ranieri fosse contrario.

Giunto alla bottega di Rolando, Vanni ne constata l’abbandono e la distruzione che vi aleggiano e cerca di capire cos’è accaduto, quando all’improvviso gli si para dinanzi Giacomo con la spada pronta come promesso. Prima di dargliela però, il giovane fabbro riesce a strappare al cavaliere un patto: proteggerlo a tutti i costi se la spada sarà di suo gradimento, come infatti sarà, accertata la sua immensa potenza. Subito dopo uno dei vecchi allievi di Rolando tradisce Giacomo e lo fa catturare dai soldati. Piangente, il fabbro attende l’arrivo del cavaliere che non si fa aspettare: dopo una carneficina, i due fuggono insieme sui cavalli dei soldati morenti e mutilati dalla potente spada di Vanni. Giunti in una radura, Vanni cerca di capire perché quegli uomini hanno tentato di catturare il fabbro e per non dire la verità, Giacomo gli fa capire di doversi accontentare di ciò che il cavaliere ha avuto, ovvero la spada.

Alcuni giorni dopo, Ranieri e i suoi uomini si recano ad un convento di suore per avvisarle del fatto che ci sarà una messa in suffragio di re Luigi IX, e intanto il cavaliere cerca di trovare con la forza nel convento la nuova suora appena giunta lì per poterla possedere. Poco dopo giunge in cerca di ospitalità anche Simon e le suore lo pregano di aiutare la giovane suora, ormai preda di Ranieri. Dopo una dura lotta tra i due, il figlio del signore di Panico trova la lettera di Ugo di Clarendon nella tasca di Simon e la fa leggere ad una suora, mentre tiene bloccato il cavaliere nemico. Venendo a sapere della Sacra Sindone, Simon approfitta di un momento di distrazione di Ranieri e cerca di recuperare la lettera dalla suora che la stava leggendo e che era scappata in una stanza adiacente. Mentre si avvicina a lei però, il povero cavaliere si sposta in un punto del pavimento cedevole e cade per molti metri in basso, dando modo a Ranieri d'impadronirsi della preziosa lettera.

Nel frattempo Vanni, con l’aiuto di Giacomo, diventato suo scudiero, si prepara per una nuova missione: recuperare alcuni oggetti preziosi rubati in una chiesa da un villaggio lì vicino. Durante le rappresaglie da parte dei villici nei confronti di Vanni, il cavaliere menoma un uomo che gli ha fatto resistenza e recupera gli oggetti di valore.

In un monastero non molto lontano, la suora che ha assistito alla lotta tra Ranieri e Simon cerca di mettersi in contatto con i frati che donano ai fedeli alcune candele da mangiare perché in grado forse di fare miracoli, ma non ci riesce. Fortunatamente trova un monaco che sta in disparte, rivelatosi poi Giovanni da Cantalupo, e gli rivela la gravità della situazione attuale riguardo alla preziosa lettera di Clarendon.

Ranieri, rincontratosi col cugino, tenta di convincere Vanni a tentare l’impresa, cioè trovare la sacra tela e riportarla in Francia, in cambio di un cospicuo bottino come riscatto. Il cugino non è disposto a seguirlo, ma subito cambia idea, non appena Ranieri gli confida che gli abitanti del villaggio che avevano rubato gli oggetti della chiesa, recuperati dallo stesso Vanni, hanno denunciato il cavaliere al signore delle terre di Panico e padre di Ranieri, facendolo diventare un ricercato.

Nella stessa notte, Giovanni da Cantalupo giunge nell’accampamento dei soldati francesi che stanno scortando le ossa di Luigi IX a Parigi per trovare Jean de Cent Acres e andare con lui al convento dove si trova Simon, ferito gravemente dalla caduta ma ancora vivo. Qui, il giovane inglese viene a sapere che il re è morto molti mesi prima ed è abbastanza dubbioso nel credere ai due uomini. Senza tante cerimonie, Giovanni chiede al giovane se è vero che nella lettera del padre è scritto che la tela dove è stato deposto il corpo di Gesù Cristo è celata dai nemici del re in una località sconosciuta del ducato di Tebe, in Grecia. Simon conferma la notizia e viene a sapere che la lettera è ora nelle mani di uomini senza Dio che cercano la santa reliquia solo per avere un impensabile tornaconto personale. Per questo motivo, seppur ferito e morente, Simon chiede aiuto a Jean e partono insieme alla ricerca di questi uomini.

Il mattino seguente, ormai partiti alla ricerca della tela, Vanni, Ranieri e Giacomo giungono in un monastero per chiedere ospitalità per la notte e come garanzia mostrano la missiva indirizzata al re di Francia. Stranamente il loro arrivo è presagito da un terremoto, ma il frate non ci fa tanto caso e li fa entrare. Quando giungono nel refettorio dove si trovano tutti i frati, prende subito la parola un vecchio frate cieco, che nutre immediatamente forti dubbi nei riguardi dei cavalieri, proprio perché se sono alla ricerca di una cosa così pura e sacra non dovrebbero essere accompagnati dagli oscuri poteri del Maligno, come il terremoto. Infatti, non appena viene a sapere dai due cavalieri il loro luogo di residenza, il vecchio cieco conferma che pochi giorni addietro in quelle terre si erano scatenate le forze demoniache e il segno che quelle forze ora si trovano in quella sala con i due cavalieri è dimostrata sia dal frate che dalla morte di un’allodola che volava in quel refettorio e che ora si trovava morta sul pavimento. Il cieco domanda in quanti sono alla ricerca della sacra tela e Vanni afferma che sono in due, ma il frate sente la presenza di un’altra persona lì con loro, e con meraviglia di tutti i presenti, si dirige nel punto in cui si trova accucciato Giacomo, timoroso e impaurito dal servo di Dio che, anche se condannato ad un’eternità di tenebre a causa della cecità, riesce a vederlo. Il frate chiede al fabbro se è stato battezzato e, dopo averne avuto la conferma, gli dice di farsi il segno della croce per dimostrarsi innocente. Purtroppo il giovane non ci riesce perché ormai è dominato da Satana e comincia a piangere. Il cieco dunque ordina ai suoi inferiori di prendere i destrieri dei due cavalieri e di riconsegnarli solo dopo che entrambi avranno lasciato il convento la notte stessa, mentre Giacomo sarà consegnato alle autorità per essere interrogato. Per sicurezza infine il frate cieco chiede a Vanni come sia stato possibile che un indemoniato divenisse scudiero di un cavaliere e vuole avere la certezza da parte di Vanni stesso se era a conoscenza o no della natura di Giacomo. Dopo un attimo di incertezza, il cavaliere, incalzato dal cugino Ranieri, non sa cosa rispondere.

La mattina dopo, Jean e Simon continuano il viaggio sulla costa e il giovane inglese, ormai in preda ai dolori più atroci e al delirio crolla a terra esanime. Si rifugiano entrambi in una grotta lì vicino per la notte. Ormai in punto di morte, Simon confida gli ultimi segreti a Jean che dovrà proseguire da solo in questo viaggio: il figlio dell’ormai defunto signore di Cent Acres scopre che molti uomini al seguito di re Luigi IX sono legati da tempo ad una setta eretica stanziata in Grecia che usa la Sacra Sindone per riti blasfemi e che la tela è ora nelle mani del capo della setta, Amaury De La Roche, il favorito del re. Infine, in ultimo sforzo, Simon confida al cavaliere francese che per raggiungere il luogo dove si trova la Sindone bisogna cercare una principessa monca di una mano e di un piede, e quindi il giovane spira. In preda alle lacrime, Jean viene raggiunto da due uomini, uno armato di arco, che gli chiedono chi sono. Cent Acres mente affermando di essere due pellegrini, ma l’uomo, un pastore a quanto sembra, non gli crede e gli ordina di gettare le armi a terra. L’uomo si avvicina al povero Simon per constatarne il decesso, mentre Jean rimane perplesso dalle parole del servo del pastore con l’arco in mano: ”Lui sa come resuscitare i morti.” Il cavaliere francese e il corpo dell’inglese vengono condotti nella casa del pastore che, con l’aiuto del suo servo, trova nell’ovile una vecchia pecora zoppa e la uccide chissà per quale intento. Dunque prendono la pelle della pecora e la depositano sul corpo di Simon per poi cominciare a pregare tutta la notte. La mattina dopo, per miracolo, Simon si risveglia come se fosse solo addormentato e con gran stupore di Jean si rialza come nulla fosse. Dopo aver capito che colui che li ha ospitati non è un semplice pastore ma anche un uomo con poteri di un santo, lo ringraziano e ripartono alla ricerca dei ladri della lettera. Ma prima il pastore strappa a Simon la promessa di essere umile e misericordioso con chiunque e soprattutto con i suoi nemici. Finalmente, dopo lungo peregrinare, riescono a ritrovare Ranieri solo con tre cavalli al seguito che attraversa un ponte. Jean è pronto per ucciderlo, ma Simon decide di mettere subito in pratica la sua promessa e si avvicina al Panico senz’armi. Ranieri lo minaccia di morte non appena lo riconosce e gl'intima di non avvicinarsi. Simon si mette in ginocchio e gli promette di restare così finché non accetterà le sue scuse. Il nobile di Panico scappa via per poi tornare la notte, cercando di capire come mai Clarendon non l’ha ucciso per riprendersi la lettera e gliela ridà indietro perché ormai non sa che farsene. Infatti suo cugino Vanni è stato condannato a morte insieme a Giacomo poiché è ritenuto colpevole anch’egli di aver evocato il diavolo insieme al suo scudiero. Ranieri è intenzionato a salvarli e i due cavalieri si uniscono a lui. Il mattino dopo, non appena Panico ferisce gravemente il signore di quelle terre per vendetta e rimasto ferito anch’egli da uno dei soldati, riesce a salvare Vanni e Giacomo e a scappare con l’aiuto di Simon e Jean. Mentre il delle Rondini chiude la ferita del cugino viene a sapere da Cent Acres e Clarendon che non vi sarà alcuna ricompensa per chi ritroverà la Sacra Sindone e decidono di separarsi. Subito dopo però Jean e Simon si ritrovano subito nei guai: i soldati del signore che aveva condannato Vanni e Giacomo a morte e ora in cerca dei fuggitivi li attaccano e Jean viene catturato. Clarendon si rincontra con Ranieri, Vanni e Giacomo e premeditano la liberazione di Cent Acres. Mentre i soldati riportano il giovane francese nel palazzo del loro signore, i cavalieri fanno un agguato e riescono a salvare il loro fratello d’armi per poi fuggire via. Intanto il signore delle terre locali chiama a sé il fratello e gli promette in dono tutti i suoi averi se riuscirà a trovare e ad uccidere i cavalieri. Infatti durante la notte, dopo aver ottenuto con la forza ospitalità in una casa lì vicino, i cinque uomini si addormentano profondamente nella mansarda per risvegliarsi bloccati nella soffitta dai soldati che iniziano a colpire ripetutamente con le lance il pavimento sopra di loro. Per intervento della Provvidenza forse, il pavimento del piano sopraelevato cede ed uccide tutti i soldati sotto di esso, mentre i cavalieri, rimasti appesi al tetto della mansarda, vengono aiutati a scendere da Giacomo, che non essendo del loro stesso livello, era costretto a dormire nella stalla con le bestie. Non sapendo da che parte andare, ormai smarriti, riescono a trovare sulla loro via un giovane monaco che li conduce attraverso un enorme cimitero pieno di uomini che hanno dato la loro vita in Terra Santa durante le crociate. Per loro fortuna, giungono quindi al monastero sul mare in cui i monaci erano dediti alla cura dei feriti tornati dalle crociate e conducevano i soldati con la loro nave in Grecia, in modo che potessero raggiungere più agevolmente la Terra Santa a piedi. Qui fanno la conoscenza di Delfinello da Coverzano, il monaco che trasportava un tempo i soldati sulla nave, ormai diventata un relitto ed inutilizzabile. Disperati e non sapendo cosa fare, i cinque cavalieri trovano nel monastero un uomo in fin di vita, un tempo un nobile che conosceva il padre di Jean, il quale confida loro che il solo modo per trovare la principessa monca che li guiderà verso la Sindone è trovare la strada di Kiritis, vicino Tebe, poiché ella ci passa ogni ultimo venerdì del mese in carrozza con le sue serve per andare non si sa dove. Recuperata la massima fiducia nell’impresa, i cinque uomini decidono di rimettere a nuovo la nave con l’aiuto di Delfinello, e grazie soprattutto alla maestria di Giacomo, riescono a concludere velocemente il lavoro e a prendere il largo non appena si presenta il vento che li condurrà sulla giusta via. Ormai in viaggio, Delfinello inizia a nutrire i primi sospetti nei riguardi di Giacomo. Sospetti che prendono consistenza non appena il monaco nota atteggiamenti strani da parte del fabbro, come lo starsene in disparte durante la messa e l’avversione per tutto ciò che è sacro sulla nave. Questi dubbi li confida a Jean la notte seguente, il quale con lui fa finta di cadere dalle nuvole, ma non appena sbarcano sulle coste dell’Epiro, avvisa gli altri tre cavalieri della possibilità che il monaco possa scoprire presto che Giacomo è posseduto. Questi sospetti diventano realtà non appena cala la sera e il vecchio monaco capisce che Satana ha il controllo di Giacomo, che dopo aver avuto dal maligno grandi poteri ora è totalmente dominato e non sa come fare a liberarsene. Vanni non crede che il suo scudiero è posseduto, ma Delfinello insiste affermando che se lui rimarrà con i cavalieri, l’impresa sarà destinata a fallire. Ranieri chiede cosa fare e Delfinello afferma che c’è un solo modo per salvarlo: l’esorcismo. Attirano quindi Giacomo con un tranello nella stiva, e dopo averlo chiuso e ingabbiato in una rete per pescatori, tra urla sovraumane e lamenti, il monaco procede con il rito, mentre i cavalieri tengono fermo lo scudiero. L’esorcismo va avanti tutta la notte e la mattina dopo si conclude. Scesi a terra, i cavalieri salvano la vita ad un greco impalato da dei soldati con un chiodo dentro ad una mano vicino ad un albero. Ripartono infine alla volta di Tebe e durante il viaggio vengono a sapere dal greco che i cavalieri traditori del re Luigi IX avevano fatto costruire proprio sotto la città un labirinto pieno di cunicoli in cui nascondere tutti i tesori depredati a Bisanzio, tra cui una sacra reliquia. I cavalieri chiedono quindi i nomi di questi traditori e il primo fra tutti è proprio Amaury De La Roche, che dopo aver stretto accordi con gli infedeli, ha costretto molti suoi uomini a spergiurare sulla tela che ha raccolto il corpo del Cristo, diffondendo così l’eresia. Il greco, di nome Isacco, è riuscito in tempo a fuggire poiché è l’unico rimasto in vita, oltre ai traditori, a poter riconoscere quelle gallerie. Jean chiede all’uomo notizie sulla strada di Kiritis e viene a sapere che è la via che porta alla Tessaglia. Da questo, Isacco capisce che stanno andando in Grecia e il terrore lo assale. Intanto, Vanni continua invano a nutrire Giacomo, rimasto in stato di trance dopo l’esorcismo, e dopo vari tentativi finalmente il giovane fabbro ritorna in sé, ma rimane deluso poiché gli altri, ad eccezione del suo padrone, non credono ancora che il maligno lo abbia liberato dal suo giogo e hanno deciso di liberarlo solo al ritorno dall’impresa. Non appena approdano finalmente in Grecia, Isacco scompare misteriosamente e i cavalieri non sanno come fare per muoversi poiché non riescono a trovare dei cavalli.

La notte cala velocemente, e mentre Simon si assopisce durante il suo turno di guardia, torna Isacco che afferma di essere andato in avanscoperta per cercare un modo di passare per la strada di Kiritis senza imbattersi nei soldati e di aver tracciato la via, ma non appena Clarendon abbassa la banchina per farlo salire a bordo, il greco tradisce tutti loro facendo salire a bordo i soldati che ha fatto chiamare per fermare i cavalieri valorosi. Sorpresi nel sonno, vengono tutti legati e pronti per essere portati via. Non appena due soldati scendono a controllare la stiva, Giacomo, liberato in tempo da Vanni, li uccide entrambi e aspetta che scendano gli altri per ucciderli tutti. Viene mandato giù Isacco che giura al capitano delle guardie che non c’era nessun altro a bordo tranne gli uomini catturati (questo perché non era mai sceso nella stiva) e viene strangolato dal fabbro. Il capitano intima a Giacomo di uscire se non vuole vedere le teste dei suoi amici rotolare per terra e decide quindi di consegnarsi. Vanni riesce a staccare un chiodo sporgente dalla poppa della nave e ad usarlo per liberare sé stesso e gli altri che facilmente riescono ad uccidere tutti i soldati e a rubare i loro cavalli. Il mattino dopo, sotterrano i morti invocando una preghiera di perdono per quei soldati e partono alla ricerca della strada per Kiritis. Simon trova un orto in mezzo alla foresta, controllato da una misteriosa e bella fanciulla. Ella afferma che quello in cui Clarendon si trova è l’orto del Paradiso e che la via per Kiritis si trova oltre una montagna ad ovest. Il giovane fa ritorno alla nave, e dopo aver informato gli altri, si prepara con loro per andare a recuperare la Sindone. Prima di partire però, come riconoscenza per averli salvati, nominano cavaliere anche Giacomo e lo portano con loro a Tebe.

Dopo aver finalmente trovato la strada per Kiritis, si appostano l’ultimo venerdì del mese sul ciglio della strada, nascosti da degli alti cespugli e finalmente trovano la principessa monca. La seguono lungo le strade di Tebe finché non si ritrovano in un piccolo cimitero fuori città dove si trova l’entrata per il labirinto. Seguendo le annotazioni di Isacco, riescono a trovare la cripta dove è celata la santa reliquia. In quel momento Amaury De La Roche, insieme ad alcuni suoi uomini e alla principessa, compie riti empi con la Sindone capovolta al contrario e non appena vanno via, grazie all’abilità di Giacomo, riescono a scardinare la porta e l’armadio in cui è custodita la santa tela. Simon afferma che l’unico che può toccarla è Jean, poiché molti segni inviati dal cielo l’hanno reso di tale privilegio. Fuggono via con la Sindone e tornano a bordo della nave sani e salvi, con la commozione di Delfinello alla vista della tela.

Tornati nelle loro terre di origine e pronti a portare la tela in Francia, i cinque cavalieri vanno alla ricerca di chi li possa aiutare senza incappare in pericoli e inconvenienti che potrebbero danneggiare la Sindone. Jean, senza pensarci due volte, si rivolge al suo comandante il quale si affida ad un nobile francese per portare la tela a Parigi. Ma non appena s'incontrano con questo nobile per potergli anche dire i nomi dei traditori della corte di Francia, Jean, Simon e Giovanni da Cantalupo che li ha raggiunti si ritrovano proprio Amaury de La Roche con i suoi uomini alle spalle. Sebbene il nobile e il comandante di Jean affermino che de La Roche si trova lì solo per precauzione, i tre uomini decidono di consegnare la tela il giorno dopo e non in quell’istante. Tornati indietro, capiscono ormai di essere stati traditi e decidono, subito dopo aver fatto scappare di nascosto Giovanni, poiché potesse essere l’unico a poter raccontare tutta la verità, vanno a consegnare la Sindone al nobile e al suo seguito, e non appena si ritirano per poter tornare nelle loro terre, i cinque cavalieri si ritrovano circondati da centinaia di uomini, mandati dai traditori del re, pronti per mettere a tacere quegli uomini valorosi. Con un ultimo grande sforzo e dopo essersi fatti giuramenti di amicizia, lealtà ed amore eterni i cinque cavalieri si lanciano alla carica di quell’enorme esercito ed uno ad uno cadono sotto i colpi dei soldati che alla fine nascondono i loro corpi nel cuore di quell’immensa foresta dove si erano accampati pochi giorni prima per la consegna della tela.

Ecco che quindi Giovanni, dopo aver finito di raccontare la sua storia al re, afferma che i nomi dei cinque dovranno essere dimenticati per sempre, ma al contempo, essi vivranno per sempre, grazie alle loro gesta, a protezione di Luigi IX e della sua tomba, come infatti le loro voci di guerra danno conferma al monaco che meravigliato e felice abbandona il monastero. Solo ottant’anni dopo, la Sindone verrà esposta a Lirey, nella diocesi di Troyes.

Produzione

Il film è girato in Puglia ed utilizza principalmente il paesaggio e l’architettura di Barletta, con parecchie sequenze nel fossato del castello, e di Otranto per l’ambientazione storica.

Ma le location sono moltissime: si va dal Gargano (con la Foresta Umbra, l'azienda La Torre e la spiaggia di Peschici, i paesi di Vico del Gargano, Monte Sant’Angelo, la spiaggia di Manacore, fino all'Abbazia di San Leonardo in Lama Volara a Siponto); quindi a Conversano (per la spedizione in Terrasanta il Chiostro del Convento di Santa Maria dell’Isola), e poi sul litorale a Polignano a mare ed infine a Brindisi. è stato anche girato in Umbria, con base per i cavalli a San Terenziano vicino a Todi e da li in varie località umbre, più o meno per un periodo di 2 mesi.

fonte: Wikipedia

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