sabato 17 gennaio 2015

dilaga la miseria




 di Gianni Lannes


Mentre la politica italidiota eterodiretta dall'estero pensa esclusivamente ai propri affari, e sguazza nel lusso garantito dalle tasse di chi suda sangue, aumenta a dismisura la povertà materiale. Tutto previsto, tutto pianificato, tutto calcolato dai padroni illuminati del vapore. Oggi, a mezzogiorno c’erano 2 gradi centigradi. La notte di San Silvestro un ragazzo è morto assiderato, perché dormiva all’addiaccio nell’indifferenza generale. Esco di casa e mi imbatto in una mamma con il suo bambino, proprio dinanzi ad un supermercato dove giganteggia un cartello che ammonisce chi osa aiutare il prossimo. Samir ha tre primavere: a lui va la mia sciarpa di lana. Alla madre ho donato un pò di denaro, pane e frutta. Certo, non è la soluzione risolutiva per il loro dramma. Torno sui miei passi piangendo, perché una situazione del genere dà la misura dell'ecatombe sociale e della nostra inadeguatezza. Certo, la povertà materiale non si combatte così, bensì aggredendo le basi del problema, ma nella stagione del disamore questa è un’emergenza dilagante. A Roma, la settimana scorsa ho notato per strada numerosi pensionati italiani chiedere cibo, mentre nei pressi della stazione Termini tante persone invisibili sopravvivono di stenti, accanto a milioni di altre che neanche le sfiorano.

Pochi ricchi (solo di beni materiali, s'intende) e tanti poveri. Aumentano le diseguaglianze sociali ed economiche. La povertà materiale è la condizione di singole persone o collettività umane nel loro complesso, che si trovano ad avere, per ragioni di ordine economico, un limitato o inesistente accesso a beni essenziali di importanza vitale. La povertà si trasforma in pauperismo quando investe masse che non riescono più ad assicurarsi i minimi mezzi di sussistenza. L’ultimo rapporto della Caritas (intitolato “False partenze”) evidenzia l’aumento della percentuale di persone in situazione di povertà, che nel 2012 erano il 30,4 per cento. Ovviamente, i numeri non sono esaustivi, ma sottostimati.

In altri termini, lievitano gli italiani che chiedono aiuto. Chi perde il lavoro non lo ritrova. Un’intera generazione rischia di essere condannata ad una povertà cronica. Al contesto sociale difficile del nostro Paese si aggiunge una lunga crisi politica in Medio Oriente e nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo. In mancanza di una risposta politica all’altezza della situazione, i flussi di profughi in fuga da guerre e persecuzioni rischiano di esasperare le tensioni sociali sul nostro territorio. Pur in un contesto molto difficile, tuttavia, il privato sociale, resiste e sperimenta progetti originali che sono il miglior antidoto a chi vorrebbe alimentare guerre tra poveri.

Addirittura il 66 per cento di chi chiede aiuto dichiara di non riuscire a provvedere all'acquisto dei beni di prima necessità. Sono perlopiù italiani, divisi equamente tra uomini e donne. E cresce la povertà infantile, di oltre cinque punti superiore alla media europea. La Caritas sottolinea, nel suo studio, come in particolare l’innalzamento dell’età pensionabile e il mancato adeguamento di sei milioni di pensioni ai cambiamenti del costo della vita abbiano avuto un impatto negativo sulle famiglie italiane. Questo soprattutto in un periodo in cui i giovani trovano con difficoltà lavoro, e sono in gran numero disoccupati (fra i sette paesi analizzati dal rapporto l’Italia ha la percentuale più alta di Neet, giovani che né studiano né cercano lavoro). Un record di crescita negativo, l’Italia lo fa registrare per la percentuale di persone in situazione di povertà, che nel 2012 erano il 30,4% (18,5 milioni), al ventunesimo posto nella classifica dei paesi peggiori per quanto riguarda questo indicatore nell’UE a 28. Fra il 2010 e il 2011, nessuno Stato membro ha registrato una crescita dei poveri alta come quella verificatasi in italia. E fra il 2011 e il 2012, solo la Bulgaria ha fatto peggio di noi. Come se non bastasse, mentre in Italia è molto alto il rischio di trovarsi in situazione di povertà, è molto difficile poi uscirne. E una piaga particolarmente grave è quella della povertà infantile, di oltre cinque punti superiore alla media europea, tanto che l’Italia è a rischio di crescita dello sfruttamento del lavoro minorile. 

Infine aumentate del 10%, nel Belpaese, le disuguaglianze di reddito fra il 2008 e il 2011. La povertà aspetta dopo la rottura dei rapporti coniugali, infatti, il 66,1% dei separati che si rivolgono alla Caritas dichiara di non riuscire a provvedere all'acquisto dei beni di prima necessità. Prima della separazione erano solo il 23,7 per cento. Altre conseguenze della separazione: aumenta il ricorso ai servizi socio-assistenziali del territorio come anche la crescita di disturbi psicosomatici (66,7% accusa un più alto numero di sintomi rispetto alla pre-separazione. Inoltre, la separazione incide negativamente nel rapporto padri-figli: il 68% dei padri (46,3% delle donne) intervistati riconosce un cambiamento importante a seguito della separazione; tra i padri che riconoscono un cambiamento il 58,2% denuncia un peggioramento nella qualità dei rapporti (le madri al contrario riconoscono per lo più un miglioramento). Tra i separati/divorziati che si sono rivolti ai centri di ascolto della Caritas la gran parte è di nazionalità italiana (85,3%); in termini di genere c'è una leggera prevalenza delle donne (53,5%), rispetto agli uomini (46,5%) anche se si può parlare quasi di un'equa divisione. Il 42,9% è coinvolto in separazioni legali, il 28,1% in separazioni di fatto e il 22,8%  in procedimenti di divorzio.  

Nel Rapporto un capitolo è dedicato al giudizio della Caritas europea che boccia senza appello la Troika e la politica di austerità imposta da Ue, Bce e Fmi ai paesi travolti dallo Tsunami dei debiti sovrani negli ultimi cinque anni. Il secondo "Rapporto sulla crisi" messo a punto dall'organizzazione cattolica - 114 pagine di analisi sui dati finanziari ed economici dei conti dei cosiddetti Piigs (Italia compresa) - è durissimo. "La politica di austerità non funziona. Serve e presto, un’alternativa", precisa lo studio. A cinque anni dall’inizio della crisi la disoccupazione è in aumento, 124 milioni di persone (il 25% dei cittadini dei 27) vivono sulla soglia della povertà. Nello stesso tempo i tagli ai servizi sociali riducono molta gente in condizioni molto difficili "colpendo alla fine la parte più debole della società".
«A Bruxelles continuano a dirci che la crisi è finita - ha raccontato presentando lo studio Thorfinnur Omarsson, portavoce della Caritas -. Ma a noi risulta il contrario. E a pagare il pedaggio più salato alla recessione sono le persone che di sicuro non l'hanno causata». Come? Il rapporto non lascia dubbi: «L'accesso ai servizi sanitari universali si sta restringendo, con un impatto pesante sulla salute dei cittadini europei. E i paesi in difficoltà sono quelli dove si stanno aprendo i gap maggiori tra ricchi e poveri". La conclusione è tranchant. La politica lacrime e sangue imposta dalla Troika è "un processo iniquo, sbagliato economicamente e ingiusto».  Secondo Artur Benedyktowitz, responsabile politici sociali della Caritas Ue,  «E’ l’opposto di quello che prevedeva la strategia di inclusione di Europa 2020. Stiamo assistendo a una situazione in cui le disuguaglianze stanno crescendo e si sta creando una classe di nuovi poveri, ha spiegato Il 20% dei più ricchi d'Europa, spiega il rapporto, guadagna cinque volte quello che entra in tasca al 20% più povero».

Cosa si deve fare ora? Trovare subito una politica alternativa, suggerisce l'organizzazione. «Nessuno dice che non servano riforme strutturali - dice la Caritas -. Ma bisogna implementarle tenendo conto molto di più delle loro conseguenze strutturali». Le banche - continua il rapporto - «devono pagare per i loro errori. E le colpe delle loro scommesse finanziarie non vanno scaricate sui depositi dei correntisti». Se non si puniscono i colpevoli nel mondo della finanza, «si incentiva il comportamento fraudolento». La Troika ha prestato grande attenzione agli interventi fiscali - prosegue lo studio - monitorandoli un centesimo per uno, ma non ha previsto alcun indicatore della situazione sociale dei paesi sotto austerity. I suggerimenti: inserire indicatori sociali oltre il rapporto deficit/ pil per valutare la bontà delle riforme, più trasparenza sugli interventi della Troika, più monitoraggio sociologico per le fasce più deboli e un salario minimo ai disoccupati, più fondi per combattere la disoccupazione giovanile.

Dunque, il 10 per cento degli italiani (il 9,9 per cento), pari a 6 milioni e 200.000 persone si trova in condizioni di poverta' assoluta. Dal 2007, anno dell'inizio della crisi, a oggi la poverta' e' percio' raddoppiata. Tanto che nelle regioni meridionali si èsempre più di fronte a un "autentico dramma sociale", con il 14,6 per cento delle persone che non riescono a far fronte alle spese piu' elementari che garantiscono una vita dignitosa. Sono alcuni dei dati piu' eclatanti che emergono dal "Flash report" di Caritas italiana sul fenomeno della poverta' in Italia e in Europa, presentato a Roma, in occasione della Giornata mondiale della lotta contro la poverta'. Le famiglie in poverta' assoluta – in base ai dati della Caritas - sono 2 milioni e 280.000, il 7,9 per cento del totale delle famiglie italiane (il 12,6 per cento al sud). In termini assoluti gli incapienti nel Mezzogiorno sono oltre 3 milioni, praticamente la meta' di tutti i poveri della nazione. Ma anche il centro e il nord non si salvano: in cinque anni hanno visto raddoppiare il peso dei poveri sul totale della popolazione. E' cambiata negli anni anche la tipologia delle situazioni piu' difficili: prima erano gli anziani, le famiglie molto numerose o con disoccupati, oggi sono nuclei di giovani, famiglie con uno o due figli, famiglie con il capofamiglia che lavora. L'Italia, denuncia il report Caritas, anziche' ridurre di 2 milioni e 200.000 unita' entro il 2020 il numero di persone a rischio poverta' (come chiesto dall'Unione europea) ha visto raddoppiare il gap rispetto all'obiettivo: quattro milioni e mezzo. A peggiorare insomma e' proprio la condizione dei cittadini italiani. Infatti, tra i 45.819 assistiti da 531 centri di ascolto della Caritas nei primi sei mesi del 2014, quasi uno su due e' italiano (46,5 per cento), contro il 31,3 per cento del primo semestre 2013. Record nel Mezzogiorno, dove i connazionali che si rivolgono ai centri di ascolto sono il 72,5 per cento. Tuttavia, viene evidenziato nel rapporto, meno di una famiglia in poverta' assoluta su quattro ha beneficiato del bonus mensile di 80 euro deciso dal Governo.

«Le misure specifiche anti-crisi finora introdotte non hanno generato effetti rilevanti», rileva il rapporto, nel quale si legge anche che «il 2015 non sara' per il nostro Paese l'anno della svolta» anzi, «il quadro economico e' segnato da indicatori ancora piu' negativi degli anni precedenti». Secondo la Caritas, con la poverta' assoluta quasi al 10 per cento, le misure annunciate (il rifinanziamento della social card tradizionale, la prosecuzione delle sperimentazioni previste gia' dal precedente Governo, l'avvio progressivo dell'utilizzo delle risorse del nuovo fondo europeo per gli aiuti alimentari) «non sono in grado di prendere in carico le poverta' vecchie e nuove del Paese». Uno dei motivi e' il carattere «eccessivamente categoriale» di molti provvedimenti, cioe' limitato solo ad alcune fasce di famiglie in condizioni di disagio. Da parte sua, Caritas italiana ha erogato quest'anno, come fondi anticrisi d'emergenza per supportare le crescenti richieste dei centri d'ascolto, 5 milioni e 650.000 euro a 166 Caritas diocesane. Si tratta, ha spiegato Francesco Marsico, vice direttore di Caritas italiana, di «un atto doveroso, avvenuto utilizzando i fondi dell'otto per mille». Tuttavia, ha aggiunto,«nessuno si vanterebbe di interventi di emergenza, seppur in forme innovative. Abbiamo dovuto farlo per dare un supporto ulteriore a chi sta peggio».

Perché il Vaticano non mette a disposizione dei bisognosi il suo ingente patrimonio immobiliare e le sue gigantesche ricchezze economiche, visto che lo Stato sociale (Welfare State) è morto e sepolto? Ma i poveri non sono il fondamento del Vangelo?

riferimenti: 









fonte: sulatestagiannilannes.blogspot.it

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