domenica 4 settembre 2016

quando gli italiani erano analfabeti erano molto più colti


Bergamín fu uno scrittore madrileno che vedeva nell'analfabetismo una difesa necessaria dell'ordine del mondo e nella superstizione il più chiaro segno dell'intelligenza. Il suo curioso punto d'incontro tra la visione spirituale e tradizionale e il suo immaginario comunismo è nella convinzione antica che la vox populi sia vox dei. 

La voce del pueblo, dice Bergamín, è voce divina. E dunque, desume, la rivoluzione popolare è Dio che irrompe nella storia. Anzi «Dio può essere rappresentato popolarmente come la rivoluzione in persona».

Ma il suo testo più smagliante tradotto in Italia è Decadenza dell'analfabetismo. La sua tesi, genuinamente antimoderna e reazionaria, è che l'analfabetismo è la vera cultura dei bambini e dei popoli. Le sue radici affondano nella realtà e nell'animo umano e danno luogo a una visione del mondo e della vita che vale assai più dell'erudizione e dell'alfabetizzazione. 


Il bambino pensa solo per immagini e dice il suo pensiero ad alta voce, dunque è visione e cultura orale. E fa tutte le cose per gioco. Così i popoli, che pensano e credono contemporaneamente, giocando. «Dio gioca con i popoli analfabeti come i fanciulli, il Diavolo si gioca sempre i popoli letterati». Da cui deduce che l'analfabetismo è «la comune denominazione poetica di ogni stato veramente spirituale». I Popoli più colti tendono alla decadenza. Ma dietro l'elogio dell'analfabetismo c'è in Bergamín la difesa tradizionale dell'ordine del mondo, mentre l'ordine alfabetico è «un falso ordine», anzi «è il maggior disordine spirituale». 

Dopo pagine dedicate all'importanza dei demoni - in Andalusia, scrive, il Demonio viene chiamato il Cavaliere - Bergamín osserva che «un essere essenzialmente intelligente è naturalmente superstizioso; giacché la superstizione è possibile solo negli esseri intelligenti». Poi sparge perle in forma di aforismi del tipo «Occorre avere un Dio, un'amante e un nemico - Esattamente, occorre avere tre nemici». Per lui la vera poesia come la vera sapienza proviene dalla noia, che «è la porta segreta del paradiso»; «la noia dell'ostrica produce perle».

Da vecchio, Bergamín sosteneva che a sessant'anni ci si può suicidare, a settanta è consigliabile, a ottanta è obbligatorio. E lui, giunto a ottant'anni ci provò. Andò sul balcone, prese la rincorsa per scavalcare la ringhiera, ma perse l'equilibrio e cascò all'indietro rompendosi una gamba. Anche per suicidarsi ci vuole una certa aitante vitalità. Bergamín sostiene che nello spirito umano c'è una tendenza all'eccesso, e per lui i due estremi sono il cattolicesimo e il manicomio. Lui volle essere ambedue. Perché a suo dire, giunti a certi estremi «il solo modo di aver ragione è perderla»!


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fonte: https://freeondarevolution.blogspot.it

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